Mettere le saudite al volante è più visionario, scaltro o remunerativo?

Daniele Raineri

Il principe Salman sa che il regno deve cedere un po' sul fronte religioso per sopravvivere sul fronte economico

Roma. Il giorno dopo l’annuncio molto atteso a proposito delle donne alla guida in Arabia Saudita c’è da capire se si tratta di una mossa scaltra di public relations, dell’iniziativa di un principe ereditario – Mohamed bin Salman – che ha una visione del futuro del paese diversa e molto più innovativa rispetto al resto della Casa regnante oppure di un passo inevitabile dettato dalle condizioni economiche in peggioramento. La risposta breve è un po’ tutte e tre queste cose. Vediamo cosa sta succedendo. L’Arabia Saudita ha appena cominciato un programma molto ambizioso di promozione dell’immagine perché si è resa conto di essere messa malissimo nella conversazione globale – basta farsi un giro su Twitter per constatarlo. Secondo un articolo del Financial Times uscito due settimane fa, il regno aprirà in queste settimane alcuni centri per le public relations a Londra, Berlino, Parigi e Mosca “per promuovere la faccia che sta cambiando dell’Arabia Saudita e per migliorare la percezione internazionale del regno”. L’anno prossimo centri identici potrebbero essere aperti a Pechino, Tokyo, Mumbai e altre capitali influenti, secondo un documento visto dal quotidiano inglese. A Washington, i sauditi hanno profuso ogni genere di risorsa per migliorare la propria immagine e hanno appena nominato una portavoce donna all’ambasciata, in modo che i giornalisti passeranno da lei per ogni richiesta. E presto ci saranno altri annunci. Se il quadro è questo, allora concedere alle donne la libertà di guidare era la mossa d’apertura imprescindibile per la campagna. 

 

C’è anche la questione Bin Salman. Il principe ereditario di 33 anni – che aggirerà una linea di successione che prima di lui galleggiava sopra la linea dei settant’anni – ha una visione per il paese, cosa che non succedeva da tempo. Il principio guida di questa visione sembra essere: tutte le aree di ambiguità che fanno parte del tradizionale modo di funzionare del regno, che è sempre stato molto opaco, ora devono essere risolte. Le conseguenze di questa visione sono sia buone sia disastrose. L’irrilevanza militare? Salman ha deciso che l’Arabia Saudita doveva prendere parte in prima persona al contenimento militare contro l’Iran invece che nascondersi sotto la gonna degli alleati, America prima di tutti, e quindi ha deciso per la campagna in Yemen – che mette a rischio la vita di milioni di persone, ora esposte a bombe, fame e colera. La rivalità con il Qatar? Salman ha spinto per un embargo contro il piccolo emirato, scatenando una crisi diplomatica che è senza soluzioni. I predicatori sauditi dicono cose che potrebbero stare in un comunicato di al Qaida? Due settimane fa quindici sono finiti in carcere. Le donne che non possono guidare rendono l’Arabia un’eccezione negativa in tutto il mondo? Da metà 2018 potranno e il Consiglio degli Ulama, che si pronuncia sulla legittimità religiosa di ogni cambiamento, ha annuito all’unisono: “Se lo decide il principe, allora è per il bene del popolo”.

 

La visione del principe Salman non è soltanto ispirata dalla necessità di svecchiare il regno, ma dalla crisi economica che incombe. L’economia del greggio non durerà ancora a lungo, gli esperti suggeriscono una diversificazione più rapida possibile, e anche un po’ disperata in un paese che non è abituato a immaginare un’alternativa. Tenere metà della forza lavoro, le donne, chiuse in casa perché non possono guidare equivale a immobilizzare degli asset preziosi. Il principe Salman pensa al turismo: il piano è aprire giganteschi resort, grandi come tutto il belgio, sulle coste del Mar Rosso, in faccia a quelli egiziani (che non vanno bene causa terrorismo) dove la sharia strettissima che vige nel resto del regno sarà sospesa: i turisti potranno bere e andare alla spiaggia in costume. Si tratta, come è evidente, di qualcosa che trascende la semplice campagna di pr e anche la mera costrizione economica. Il principe saudita stabilisce un precedente che farà rumore, la legge di Dio vale sempre e l’Arabia Saudita continua a essere la terra dei due luoghi sacri all’islam ma ci possono essere ampie e generose eccezioni persino alla legge di Dio. Un po’ come è successo con le donne, che non potevano guidare per una questione religiosa ma che ora possono, segno che tutto può essere interpretato con elasticità. Il principe Salman è ambizioso, c’è da chiedersi se non sta chiedendo troppo e troppo in fretta. Per ora, tutte le voci su una possibile abdicazione di re Salman, l’ottantunenne sul trono, sono state giudicate improbabili e premature.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)