Un gruppo di migranti tenta di raggiungere la Germania seguendo la linea ferroviaria proveniente dall'Ungheria (Foto LaPresse)

Non solo le elezioni in Germania. Quanto pesa il tema migranti nel voto

Alberto Brambilla

A Berlino come a Londra i partiti tradizionali pagano la sottostima del fattore immigrazione alle urne

Roma. Nelle elezioni vinte dalla cancelliera Angela Merkel, il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) si è affermato come terza forza politica in Parlamento dopo una campagna anti-immigrazione.

 

Il partito nazionalista guidato da Alice Weidel (più radicale della precedente leader Frauke Petry, fuoriuscita) ha fatto propaganda cavalcando la preoccupazione dei tedeschi per “l’invasione di stranieri” conquistando più consensi di quanto previsto (il 12,6 per cento dei voti, contro l’8,8 dei sondaggi).

 

Nel suo discorso della vittoria Merkel ha detto che già dall’inizio del suo quarto mandato vorrà recuperare le preferenze di chi ha votato AfD affrontando temi come “l’immigrazione illegale” e la “sicurezza interna”.

 

Aver sottovalutato il tema è la ragione sottesa alla sottrazione di consensi da parte del AfD nei confronti della Spd di Martin Schulz e di Cdu-Csu di Merkel che hanno avuto i peggiori risultati dal dopoguerra. Secondo lo scrittore Peter Schneider, che negli anni Sessanta era portavoce del movimento studentesco di Berlino, “i partiti tradizionali non hanno trovato risposte convincenti alla crisi dei migranti che è un tema che preoccupa profondamente i tedeschi”, ha detto a Repubblica. “Molti elettori di AfD sono persone normali con preoccupazioni che sin dall’inizio sono state bollate come razziste o neonaziste. Così li abbiamo spinti in un angolo dell’estremismo: ma questo non aiuta, anzi”. E’ stato un “errore immenso” indicare come “estremisti” i sostenitori di AfD, dice Schneider.

 

E’ rimarchevole che AfD abbia avuto riscontri migliori delle attese facendo campagna contro la politica di accoglienza proposta da Merkel nonostante i media tedeschi abbiano fiancheggiato la Willkommenskultur cercando di spingere l’opinione pubblica all’empatia verso i rifugiati durante il periodo di maggiore flusso di migranti in Europa nel 2015-2016. Bild, Welt, Süddeutsche Zeitung e Frankfurter Allgemeine Zeitung, i maggiori organi di stampa, avevano fallito nel riportare la crisi migratoria in modo onesto e obiettivo, secondo una ricerca dell’Otto Brenner Institute che aveva analizzato centinaia di articoli tra il 2015 e il marzo 2016 definendoli appiattiti sugli “slogan della élite politica” con toni moralistici. “Hanno contribuito molto” alla sfiducia della popolazione verso i media mainstream e alla divisione della società, dice la ricerca uscita a luglio. Probabilmente è arduo per i media imbonire porzioni di popolazione che vivono o percepiscono un disagio. Per esempio, secondo il ministero dell’Interno, il tasso di criminalità in Germania sarebbe rimasto costante nel 2015 rispetto a un anno prima se non si fossero registrati 402.741 crimini in più commessi da immigrati.

 

Avanza l’idea che le manifestazioni di dissenso verso i partiti tradizionali abbiano come sostrato la preoccupazione dell’elettorato per le paventate conseguenze delle migrazioni dall’Africa.

 

Se la Brexit fosse ora? Held vs Ferguson

Durante la campagna referendaria per la Brexit il dibattito pubblico si concentrò sulle conseguenze economiche negative dell’uscita dall’Unione europea – un tema centrale dei sostenitori del remain come l’ex premier David Cameron che ha indetto la consultazione per poi dimettersi da sconfitto lasciando a Theresa May l’incarico di gestire il distacco di Londra da Bruxelles. David Held, professore ordinario di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla University of Durham, è convinto però che l’immigrazione abbia giocato un ruolo cruciale e che l’allarmismo mediatico sia stato influente. “[Nell’estate 2016] la politica migratoria europea era caotica, l’Unione europea non riusciva a venirne a capo, Merkel aveva aperto le porte senza consultare gli altri. I media inglesi erano divisi tra quelli d’establishment (Bbc, Guardian, Telegraph) e i tabloid. Sono questi ultimi in particolare che, rappresentando le migrazioni come una grande emergenza, hanno creato un senso di isteria per un’imminente ondata di migranti musulmani”. Il momento fu talmente particolare agli occhi di Held che “se votassimo oggi vincerebbe il remain”, dice al Foglio. E’ di opinione opposta Niall Ferguson, storico dell’Università di Harvard e Oxford, autore di saggi sul declino dell’occidente e l’islamizzazione strisciante di una cristianità decadente. Mentre Cameron e i conservatori discutevano dei costi economici “non volevano parlare di immigrazione che era nella testa delle persone”. “Molta gente in Inghilterra guardava alla crisi dei rifugiati e pensava: se questi prendono il passaporto tedesco verranno in Gran Bretagna e non saremo in grado di fermarli. Questo era un tema fondamentale per gli elettori, e legittimamente, perché i tedeschi avevano aperto le porte a un vasto flusso dal mondo musulmano – ha detto Ferguson al Corriere – Si ripete che tutti hanno rimorsi e rimpianti, ma la pubblica opinione non si è spostata sulla questione: se ci fosse un nuovo referendum la Brexit vincerebbe ancora”. A prescindere dall’atteggiamento dei media verso l’immigrazione, favorevole in Germania o scandalistico nel Regno Unito, la percezione di una fetta non residuale della popolazione è di preoccupazione – anche se i partiti tradizionali tendono a rimuovere il problema pagandone il prezzo.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.