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L'inno di Trump al sovranismo: "E' la storia che ce lo chiede”

Micol Flammini

Anche davanti alle Nazioni unite il presidente porta alta la bandiera dell'America first. Non smorza i toni contro la Corea e sul Venezuela avverte: "Dovremmo fare di più contro Maduro"

“Che Dio vi benedica, che Dio benedica gli Stati Uniti d’America”. Non è il saluto del presidente americano in uno dei suoi comizi in campagna elettorale, ma è la conclusione del primo discorso di Donald Trump davanti alle Nazioni unite, rivolto ai rappresentanti dei 193 paesi seduti ad ascoltarlo nel palazzo di vetro. Sempre coerente, il presidente americano, per tutto il suo intervento non ha fatto che ribadire il concetto di “America first”. Così a Manhattan ha parlato innanzitutto di America, del sacrificio che per anni gli Stati Uniti hanno pagato per difendere tutte le altre nazioni e per portare la pace. Ma "per portare amicizia e armonia non possiamo più permettere che si approfittino di noi", ha sottolineato. Per questo Trump ha anche chiesto una riforma dell’Onu che preveda meno burocrazia e più attuazione di programmi.

  

Il discorso è stato lungo e ha toccato tutti i temi previsti: clima, Corea, trattati internazionali, Siria. I toni si sono accesi quando Trump ha affrontato l’argomento Corea del nord. "Gli Stati Uniti hanno grande forza e pazienza, ma se costretti a difendere noi stessi o i nostri alleati, non avremo altra scelta che distruggere totalmente la Corea del Nord". E ha continuato: “E' oltraggioso che esistano altri paesi che sostengono il regime di Pyonyang, uno stato canaglia che costituisce una minaccia per il mondo”. Bersaglio del suo discorso è stato anche l’Iran. Trump ha fatto sapere che per gli Stati Uniti è imbarazzante far parte dell’accordo sul nucleare. “L’Iran ci teme e noi non possiamo accettare un regime, stando nel patto siamo complici di quel regime”. Parole di rimprovero e condanna anche per Cuba e per il Venezuela, colpevoli “di portare avanti e di imporre un’ideologia fallita”. “Non toglieremo le sanzioni a Castro fino a quando non verranno promosse delle riforme sostanziali”, ha aggiunto. “Tutti i posti in cui è stata interpretata fedelmente l’ideologia socialista hanno conosciuto solo fame e devastazione e così è stato anche in Venezuela, dove tutti dovremmo fare di più contro Maduro per restituire la libertà ai cittadini”. Sul clima ha ripetuto quanto aveva già fatto sapere a Macron in mattinata, gli accordi di Parigi danneggiano gli Stati Uniti, ma non ha chiuso totalmente le porte alla questione.

  

L'inno accorato al sovranismo che Trump ha rivolto ai leader del mondo è stato anche un invito affinché l'amore per l’America sia preso a modello dalle altre nazioni. “Noi siamo gli autori della nostra prosperità e qui voglio fare un appello al risveglio del patriottismo degli animi. E’ la storia che ce lo chiede”. E ancora: “Le nazioni devono essere case e culle di patrioti pronti a sacrificarsi per tutti i cittadini”. Per quanto riguarda gli accordi commerciali, il presidente ha concluso: “Dobbiamo creare e garantire prosperità, altrimenti saremo vulnerabili, dobbiamo amare abbastanza le nostre nazioni da salvaguardare la nostra cultura perché chi non pensa prima ai propri cittadini rende la nazione infelice”.

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