Foto di Jeanne Menjoulet via Flickr

Marsiglia come Mosul

Giulio Meotti

La Francia scossa dal libro di Ravet: “Sharia e antisemitismo infestano le scuole dove ho fatto il preside”

Roma. Primo porto del Mediterraneo, seconda città della Francia, mélange d’etnie, laboratorio di integrazione. Ma per Bernard Ravet, Marsiglia è soprattutto lo specchio del fallimento del multiculturalismo. Ravet è stato preside di tre scuole pubbliche della città francese. Lo choc dell’esperienza lo ha spinto a scrivere un libro che sta facendo scalpore. Principal de collège ou imam de la République?, questo il titolo del libro, ovvero “preside di liceo o imam della Repubblica?”, scritto assieme a un giornalista del Monde, Emmanuel Davidenkoff. Ravet ha diretto le scuole dove c’è una forte maggioranza di studenti di religione musulmana. “Per timore di stigmatizzare gli istituti che dirigevo,  sono rimasto in silenzio per quindici anni”, esordisce Ravet. Ora che è in pensione, Ravet si sente libero di raccontare tutto: “Bisogna finirla con la legge del silenzio che pesa sull’impatto della religione in certe scuole. Il fanatismo bussa alla porta degli istituti e impone i suoi simboli e le sue leggi nello spazio scolastico,  durante la ricreazione, in mensa, in piscina”. La stampa di sinistra ha ignorato il libro (Figaro, Express e Valeurs actuelles le testate più impegnate a valorizzare la confessione di Ravet). L’ex preside racconta di una mamma ebrea che voleva iscrivere il figlio al liceo Versaille, dopo essere stata qualche anno in Israele. Racconta Ravet, all’epoca preside di quel liceo: “Quando ho sentito parlare il  ragazzo, ho capito che i miei studenti avrebbero scoperto subito  la sua provenienza.  Se avessero scoperto che veniva da Israele, l’avrebbero distrutto. Così, con imbarazzo, ho chiesto alla mamma di non iscriverlo alla scuola statale, ma ebraica. Quando, solo pochi mesi prima di questo episodio, un giornalista era venuto a chiedere a scuola quali erano i rapporti tra i miei studenti musulmani e i loro compagni  ebrei, loro hanno risposto: ‘Qui non ci sono ebrei e se ci fossero,  sarebbero obbligati a nascondersi’”. Il risultato è che oggi, come ha denunciato Francis Kalifat, a capo delle organizzazioni ebraiche di Francia, “nella regione parigina non ci sono più studenti ebrei nelle scuole pubbliche”.

 

Ravet racconta nel libro di ragazze che indossano il velo nonostante il divieto, di insegnanti ormai impossibilitati a parlare di Shoah, di docenti insultate all’uscita perché indossano la gonna o che si sentono ripetere dagli studenti che quella francese “è la lingua dei miscredenti”. Senza contare gli elogi dell’Isis e della sharia. “Il divario sta crescendo tra ragazzi e ragazze. Devono essere separati durante l’istruzione sessuale. Alcune ragazze non partecipano più alle lezioni di nuoto. Gli studenti che non fanno Ramadan sono maltrattati”. Marsiglia come Mosul, la città in cui il Califfato impose la sharia nelle scuole. “Un giorno Mustapha, un buon allievo, dice al professore di geografia che l’uomo e la donna non sono uguali, che è normale lapidare una donna adultera, come tagliare la mano di un ladro”, racconta Ravet. In molte scuole francesi, il “minuto di silenzio” per commemorare le vittime della redazione di Charlie Hebdo venne interrotto dagli alunni musulmani che si rifiutarono di farlo. L’apartheid, il bullismo antisemita e l’odio per gli occidentali. E’ la “cattiva scuola” multiculturale.

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