La buona Brexit

Claudio Borghi Aquilini

Ma quale tragedia, tutti gli indicatori confermano che l’uscita dall’Ue ha rafforzato Londra

Al direttore - “Quando si parte il gioco de la zara, / colui che perde si riman dolente, / repetendo le volte, e tristo impara; / con l’altro se ne va tutta la gente”. Così il sommo Dante apriva il canto sesto del Purgatorio, descrivendo l’immagine dello sconfitto che, quando ormai la partita era finita, restava da solo a ritirare i dadi. Non è dissimile la figura di chi, dopo un anno dal referendum sulla Brexit, ancora insiste aggrappandosi ai dati più assurdi sperando in una rivincita. La campagna elettorale si tenne all’insegna del terrorismo più puro: descrivendo in caso di vittoria dell’“out” una Gran Bretagna isolata dal mondo, dispersa nell’Atlantico, con la City di Londra spopolata e deserta fino ad arrivare alla “fine della civiltà occidentale” (parole del vicepresidente della Commissione europea Tusk). Ebbene, dopo un anno la verità è che la civiltà occidentale appare assai più minacciata dai terroristi islamici che dalla Brexit e, in mancanza di disastri e cavallette, ci si attacca alle dimensioni dei triangolini del Toblerone o agli aumenti delle “indispensabili” app per simulare un acquario sullo schermo dell’iPhone.

   

Nonostante nessun sostenitore della Brexit avesse impostato la campagna elettorale sulla crescita economica (gli inglesi facevano già quello che gli pareva, non avevano fiscal compact, non avevano fondi salvastati da pagare e avevano una loro moneta liberamente fluttuante) la verità è che, dopo la sorprendente vittoria dell’“out”, l’economia britannica ha comunque beneficiato della svalutazione della sterlina che ne è seguita senza nessuna delle tragicomiche conseguenze paventate pre-voto e disperatamente gridate “ecco! Vedete! Vi avevamo avvisato! Rivotiamo!” dagli euristi durante l’unico giorno di ribasso delle borse all’indomani del voto. La Gran Bretagna ha consolidato una robusta crescita (i principali istituti di previsione economica hanno dovuto correggere al rialzo già due volte le loro stime) a livelli che per noi, col nostro eurone che ci “protegge”, rimangono da sogno: negli ultimi 3 anni il pil Uk è cresciuto rispettivamente di +2 per cento +2,2 per cento e +3,1 per cento mentre noi agonizzavamo con +0,9 +0,7 e -0,4 per cento e anche per il 2017 la crescita inglese è prevista ben maggiore di quella italiana. La disoccupazione in Gran Bretagna, oggi, a un anno dalla Brexit è virtualmente assente e al minimo assoluto da 43 anni mentre da noi il disastro è sotto gli occhi di tutti. Il ribasso della sterlina (aiutato anche dall’imprevedibile esito controverso delle ultime elezioni, nelle quali peraltro l’argomento Brexit fu assente) potrebbe riuscire poi a riequilibrare uno dei grossi problemi inglesi, vale a dire l’eccesso di importazioni con conseguente deficit della bilancia commerciale. Insomma: fatevene una ragione: il referendum c’è stato, gli inglesi hanno deciso, l’economia non solo non è crollata ma ha continuato a migliorare e attaccarsi al triangolino del Toblerone più piccolo “per colpa della Brexit” non è una grande idea perché non è un appiglio sano, si spezza subito e con questo caldo si scioglie e impiastriccia le dita. Con i migliori saluti, attendendo l’Italexit.

      

Claudio Borghi Aquilini

Responsabile Economico Lega Nord

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