Ryanair atterra (anche) sulla campagna elettorale tedesca

Daniel Mosseri

Non solo Alitalia e AirBerlin. Il referendum di O’Leary per salvare l’aeroporto di Tegel fa discutere Berlino

Berlino. Non è solo in Italia che Ryanair si infila nel dibattito politico. E’ di oggi la polemica con il governo italiano, attraverso il ministro della Cultura e del Turismo, Dario Franceschini, che ha negato una vendita a pezzi di Alitalia non appena l’amministratore delegato della low-cost irlandese, Michael O’Leary, si è detto disponibile a rilevare 90 Airbus dell’ex compagnia di bandiera italiana fallita a maggio, indebitata e sostenuta da un prestito pubblico che le permette di continuare a volare. 

  

Intanto in Germania un cartellone elettorale con i colori della bandiera tedesca e la scritta Cdu, uno decisamente rosso con il volto del candidato socialdemocratico Martin Schulz, quello tutto bianco voluto dai Liberali dell’Fdp sono affiancati a quello sui toni del blu e giallo di Ryanair. Così appaiono le strade di Berlino a meno di un mese dall’appuntamento per il rinnovo del Bundestag. Mercoledì O’Leary ha annunciato che Ryanair non proverà a rilevare AirBerlin, compagnia del gruppo Etihad messa in vendita al pari di Alitalia. L’uscita di scena di Ryanair dalla corsa alle spoglie di AirBerlin non ha però impedito a O’Leary di scendere in campo per un’altra corsa, eminentemente più politica: il referendum sul futuro dell’aeroporto di Tegel. La consultazione si terrà lo stesso giorno delle politiche, il 24 settembre, e solo nella capitale per due ordini di motivi. Il primo: con 21,2 milioni di passeggeri nel 2016, Tegel è il primo aeroporto di Berlino (lo segue lo scalo di Schönefeld con 11,6 milioni di passeggeri). Il secondo: allo scopo di evitare adunate oceaniche e plebisciti, la Costituzione tedesca post-bellica non prevede comunque referendum a livello federale.

   

Il giorno delle elezioni per il rinnovo del Parlamento, 2,4 milioni di elettori berlinesi saranno dunque chiamati a rispondere con un ja o un nein alla seguente domanda: “Volete che l’aeroporto di Tegel resti aperto?”. Ryanair non ha dubbi ed è scesa nell’agone politico tifando apertamente per il sì. In questo, la compagnia di O’Leary è sostenuta dal partito liberale. E' stata proprio la Fdp lo scorso settembre a strappare un buon 6,7 per cento alle elezioni per il rinnovo del parlamento cittadino con una sola promessa: salvare Tegel dalla chiusura.

  

Sviluppato a partire da una vecchia base area alleata nel quadrante occidentale della città e avviato alle operazioni commerciali nel 1960, lo scalo dedicato al pioniere dell’aviazione tedesca Otto Lilienthal avrebbe dovuto chiudere i battenti nel 2012. In quell’anno la città avrebbe dovuto varare il nuovo aeroporto del Brandeburgo (BER) ma, per una serie di errori nella progettazione e nella realizzazione dei lavori, lo scalo BER non è ancora pronto. O meglio, è pronto ma non agibile perché non interamente costruito a norma di legge. A metà fra la saga della Salerno-Reggio Calabria e un giallo di Agatha Christie – uno dei progettisti è stato avvelenato con un caffè – la mancata consegna di BER ha obbligato Tegel a continuare a operare a pieno ritmo. Un lavoro che compie non senza sbavature ma comunque in maniera egregia se si considera che era stato concepito per sei milioni di passeggeri l’anno. I berlinesi si sono ormai affezionati al piccolo scalo, più raggiungibile e funzionale dell’aeroporto di Schönefeld, principalmente dedicato ai voli low-cost e universalmente riconosciuto come uno dei più brutti aeroporti d’Europa. Per legge Tegel sarà chiuso quando BER sarà operativo. La decisione è supportata dalla città-stato Berlino e dal Land Brandeburgo (entrambi guidati dalla sinistra-sinistra) così come dalla cancelleria cristiano-democratica Angela Merkel. Fare uno sgambetto a mezza Germania sarebbe una soddisfazione non da poco per il vulcanico O’Leary, che solo due giorni fa ha accusato il governo federale di essere in combutta con Lufthansa per la cessione delle rotte e degli slot di AirBerlin. “Tutto ciò che vedo”, ha detto l’ad irlandese, “è una serie di politici tedeschi che fanno a gara per assegnare AirBerlin a Lufthansa, ‘il campione tedesco’, che così otterrà il 95% delle rotte e diventerà ‘il mostro tedesco’”. Né si può accusare O’Leary di manie di persecuzione. Il giorno prima il sindaco Müller era entrato a gamba tesa nella vicenda augurandosi l’assegnazione di AirBerlin alla compagnia di bandiera, “visto che Ryanair è una compagnia proto-capitalista”, dedita allo sfruttamento dei lavoratori. 

  

Accantonata la vicenda AirBerlin, lo scontro O’Leary vs. la Germania passa ora sul corpo di Tegel. Al Foglio, il portavoce del partito liberale berlinese, Helmut Metzner, ricorda che “tutte le metropoli hanno almeno due aeroporti” e che “distribuire il traffico aereo su due scali riduce e ridistribuisce il carico sui residenti”. Senza dimenticare che BER è stato concepito per 27 milioni di passeggeri all’anno ma che a questi ritmo nel 2030 ne avrà almeno 60. L’Spd è contraria e tenta i berlinesi con lo sviluppo residenziale dell’area finalmente liberata dal frastuono di Tegel. Perché il risultato sia valido si devono contate almeno 613 mila ja o nein (un quarto degli aventi diritto). Benché non oceanica la consultazione è comunque una piccola adunata, e il suo risultato non sarà vincolante.

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