Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Una guerra sbagliata, un principio giusto

Redazione

Nel 2011 sulla Libia Napolitano e Berlusconi hanno seguito l’Alleanza

Come tutte le polemiche retrospettive, quella sulle responsabilità del Quirinale, cioè di Giorgio Napolitano, o di Palazzo Chigi, cioè di Silvio Berlusconi, nell’accettazione dell’attacco franco-americano alla Libia, risente del senno di poi. Va detto che la polemica è stata innestata dall’esterno e che i protagonisti della vicenda offrono ricostruzioni abbastanza convergenti nel merito, diverse solo sul giudizio che ciascuno dà dell’altro. Berlusconi non voleva quella guerra, e questo lo riconosce anche Napolitano che lo descrive “riluttante”, ma alla fine ha aderito per non staccarsi platealmente dagli alleati e soprattutto dell’America. Non era la prima volta che superava le sue convinzioni personali per non far mancare la lealtà agli alleati. 

 

Alla vigilia della seconda guerra all’Iraq, Berlusconi dichiarò, non a caso da Mosca, che non credeva che il regime di Saddam disponesse di armi di distruzione di massa, contraddicendo così l’argomento che il presidente americano e il premier britannico stavano impiegando per giustificare l’offensiva militare. Tuttavia l’Italia partecipò in qualche modo alla coalizione dei volonterosi: Berlusconi fece prevalere l’interesse nazionale, cioè quello di mantenere le alleanze strategiche, sull’orgoglio personale e sulle proprie convinzioni.

 

Anche per Napolitano, il cui principale risultato nelle battaglia interna al Pci era stata proprio l’accettazione dell’Alleanza atlantica, il mantenimento senza fratture di quel vincolo rappresentava, in quel 2011, un obiettivo da perseguire sempre e comunque. La complessità dell’architettura istituzionale italiana, che attribuisce al presidente delle Repubblica il ruolo di capo delle forze armate ma al governo la gestione della politica militare (senza che si sia mai chiarito come si gestisce questa contraddizione, nonostante le richieste di Francesco Cossiga che voleva norme che sciogliessero la questione) ha portato all’inevitabile convergenza nelle decisioni tra le due autorità.

 

Oggi si parla dell’imposizione del Quirinale e del cedimento di Berlusconi, raccontando una vicenda complessa come una specie di storia a fumetti. Ma chi sa riflettere sulla realtà storica senza sovrapporre una visione propagandistica sa bene che ci si trovò in una situazione senza uscita e senza alternative, visto che nessuno era in grado di rompere con gli alleati anche se era convinto che sbagliassero.

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