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La Cina ha un problema con i rinoceronti cinesi. E non sono animali

Eugenio Cau

Pechino ha un piano urgente per fermare le spese a debito dei giganti economici prima che facciano danni

. Dopo mesi di avvisaglie e indizi, in Cina nelle ultime settimane è iniziata la caccia ai “rinoceronti grigi”, nome con cui il Giornale del popolo del Partito comunista designa non rare bestie africane, ma i grossi conglomerati d’affari a rischio bolla. I più importanti sono quattro, e sono ben conosciuti per essere stati i protagonisti negli ultimi anni di una frenesia di acquisizioni di alcuni fiori all’occhiello dell’industria occidentale. In tutto, i quattro rinoceronti hanno speso 55 miliardi di dollari in due anni in acquisti all’estero, una cifra che li ha resi delle superpotenze economiche con disponibilità finanziarie quasi illimitate: dalle catene alberghiere alle squadre di calcio, non c’era niente che i cinesi non potessero comprare. Con un problema: gran parte di queste acquisizioni è stata fatta con soldi chiesti in prestito alle banche cinesi, e ora, a poche settimane dall’inizio del Congresso del Partito che dovrà rinsaldare la leadership del presidente Xi Jinping, c’è il rischio che il sistema finanziario subisca scossoni politicamente inopportuni.

 

Così, per esempio, il conglomerato Dalian Wanda, che fino a pochi mesi fa era l’oggetto dell’entusiasmo di tutti i media occidentali, è oggi in ritirata e sta vendendo asset per un totale di 9.3 miliardi di dollari per ripianare i debiti, dopo aver ricevuto qualche mazzata governativa. Il fondatore e ceo Wang Jianlin, l’uomo più ricco di Cina, fino a poco tempo fa faceva proclami di conquista dalle copertine dei magazine americani: ci prenderemo uno dei grandi studios di Hollywood, diceva facendo riferimento al settore entertainement della compagnia. Faremo fallire Disneyworld, aggiungeva, parlando del settore dei parchi di divertimento di Wanda (la compagnia si occupa anche di costruzioni, ecommerce e infiniti altri ambiti). Ora però gli ispettori inviati dal governo stanno indagando sul fatto che il signor Wang forse ha pagato troppo per alcuni suoi acquisti, e Pechino il mese scorso ha ordinato alle banche di stato di non fargli più credito. Secondo un articolo molto informato del Wall Street Journal di ieri, l’ordine avrebbe avuto l’approvazione diretta del presidente Xi Jinping, segno da un lato che la caccia ai rinoceronti grigi ha l’appoggio degli altissimi livelli, dall’altro che la situazione è grave.

 

Guo Guangchang, il capo del conglomerato Fosun, nemmeno un paio di anni fa si faceva chiamare “il Warren Buffett della Cina”. Poi nel 2015 è stato brevemente arrestato per ragioni ignote, e voci di un suo arresto si sono diffuse nuovamente di recente. Scrive il New York Times che dopo una frenesia da acquisti che ha portato all’acquisizione di Club Med, della squadra di calcio inglese Wolverhampton Wanderers e di altri asset, Fosun ha praticamente interrotto ogni transazione.

 

Wu Xiaohui, capo della compagnia assicurativa Anbang, ha acquistato il Waldorf Astoria di New York nel 2014 per la cifra astronomica di 2 miliardi di dollari ed era a un passo dal diventare socio d’affari del consigliere speciale del presidente Trump, Jared Kushner, ma il mese scorso è stato arrestato dalla polizia cinese per ragioni che ancora non sono note. Anbang, che continua a operare normalmente, ha azzerato ogni ambizione di espansione internazionale.

 

Il conglomerato HNA è l’ultimo rinoceronte, il più recente a finire nella lista. Dopo un’ascesa meteorica che l’ha portato a diventare il maggior azionista di Deutsche Bank, ad avere quote in Hilton e nei servizi aeroportuali di Swissport, la compagnia è diventata l’oggetto del sospetto della Bce, che sta considerando se aprire un’indagine sull’acquisizione di Deutsche Bank, e di Bank of America, che ha annunciato di non voler fare affari con il conglomerato cinese.

 

Che l’ascesa e la caduta eventuale di questi giganti si sia fondata sui prestiti delle banche cinesi è un fatto inquietante per il governo. Se le acquisizioni forsennate, fatte anche con l’intento di portare quanti più miliardi all’estero, dovessero finire male, sarebbero le banche a subire il colpo. Successe negli anni Ottanta in Giappone quando, al culmine dell’espansione economica di Tokyo, le aziende locali si lanciarono in acquisti sconsiderati e a debito che finirono per pesare sul sistema finanziario giapponese.

 

A rendere ancora più delicata la situazione c’è il contesto politico. Il Congresso di ottobre, che per Xi Jinping sarà un momento cruciale e una prova fondamentale della reale estensione del suo potere, non deve essere adombrato da movimenti economici non opportuni. Secondo alcuni analisti Xi userà il congresso per rilanciare la carente azione di riforma economica, anche se l’attenzione sarà tutta puntata sulla politica. La stretta sui rinoceronti grigi, termine mutuato da un libro di business piuttosto celebre in Cina, fa parte del programma precongressuale di Xi.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.