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L'affronto polacco

Redazione

Varsavia procede con i colpi allo stato di diritto, l’Ue ha una sola speranza

Le tende sono state sistemate davanti al Parlamento polacco: siamo qui per restare, dicono i manifestanti, ci proviamo da soli, ma tu Europa aiutaci. La protesta in Polonia va avanti da giorni, giovedì sera ha raggiunto il picco, con migliaia di persone nelle piazze di molte città del paese, tutte convinte che con l’ultima legge voluta dal governo – i giudici della Corte suprema possono essere licenziati e sostituiti con una nomina del ministro della Giustizia – sia lo sgarbo finale, forse fatale, alla democrazia polacca. I manifestanti fanno appello al presidente Duda, che deve firmare la legge, sperando in una sua improbabile resipiscenza dell’ultimo momento, e intanto ricordano il passato – questo vale per i più anziani, ci sono tantissimi giovani anche, con le bandiere europee – e la rivoluzione contro il regime sovietico in nome della democrazia. Il governo del Pis, con il suo padre-padrone Jaroslaw Kaczynski, non sente ragioni, dice che i tribunali sono “sottomessi a forze straniere” e che il sistema giudiziario è pieno di “post comunisti” da eliminare, e ingaggia scontri brutali con l’opposizione (è virale il video in cui Kaczynski accusa un oppositore di aver “ucciso” il fratello Lech, morto in un incidente aereo nel 2010).

 

L’Europa è molto preoccupata, ha più volte ricordato a Varsavia che l’indipendenza del potere giudiziario è un pilastro delle democrazie, e questa settimana è arrivata a minacciare l’attivazione dell’articolo 7 – mai utilizzato prima – che potrebbe portare alla sospensione dei diritti di voto polacchi a Bruxelles. Tusk, ex premier di Varsavia ora presidente del Consiglio europeo, ha scritto una lettera appassionata chiedendo di incontrare Duda (richiesta respinta) e pregando la Commissione di fare qualcosa, per davvero. Ma per applicare misure sanzionatorie ci vuole l’unanimità, ed è difficile immaginare che l’Ungheria, che ha già espresso il proprio sostegno alla Polonia, volti le spalle all’alleato proprio ora. Kaczynski sogna di trasformare Varsavia in una “Budapest sulla Vistola”, mentre il premier ungherese Orbán dice che la Polonia subisce le stesse ingerenze europee dell’Ungheria. L’Europa a rischio impotenza si augura che la sanzione arrivi infine dal mercato: un paese che decompone il suo stato di diritto diventa meno appetibile per gli investimenti.

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