Kemal Kilicdaroglu durante la marcia per la giustizia (foto LaPresse)

Il test della marcia anti Erdogan

Redazione

L’opposizione si ingrossa e chiede giustizia, il presidente turco è in imbarazzo

La cosa è nata un po’ in sordina, come l’iniziativa eclettica di un vecchio leader politico. Kemal Kilicdaroglu, segretario del Chp, il partito kemalista e repubblicano che è la principale forza d’opposizione della Turchia, non è esattamente un trascinatore di folle. La sua idea, nata il 15 giugno scorso, era quella di organizzare una grande marcia lungo i 450 chilometri che separano Ankara e Istanbul per protestare contro la deriva sempre più autoritaria del governo di Recep Tayyip Erdogan. L’ultima goccia, secondo la sua stessa definizione, era stata il 14 giugno l’arresto di Enis Berberoglu, il primo parlamentare del Chp condannato nell’ambito delle purghe che hanno fatto seguito al fallito colpo di stato dello scorso 15 luglio. Una quindicina di parlamentari del partito curdo Hdp sono già in prigione, ma fino a quel momento i kemalisti, forza storica della Turchia repubblicana, non erano stati toccati. L’affaire Berberoglu ha mosso il vecchio Kilicdaroglu, che ha iniziato la sua marcia con poco seguito, qualche decina di persone. Nessuno pensava che la cosa avrebbe avuto un impatto, ma con il passare dei chilometri la folla intorno al kemalista si è ingrossata, ora più di 10 mila persone seguono la sua marcia, che nei prossimi giorni arriverà a Istanbul chiedendo giustizia e la fine della deriva autoritaria di Erdogan, che ha approfittato del fallito colpo di stato per imprigionare i suoi nemici e rafforzare il suo potere. Per il presidente, il successo della marcia è un grave imbarazzo, e circolano voci che potrebbe essere impedito a Kilicdaroglu di entrare a Istanbul. Sarebbe un grave errore. Nel 2013 Erdogan fallì il test della tolleranza davanti alle proteste di piazza Taksim. Oggi non deve perdere un’altra occasione.