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I millennial Corbyn

Giulio Meotti

Dall’Iran al Venezuela, i giovani sognano il liberalismo occidentale. In Europa smaniano per gli illiberali

Roma. Bernie Sanders, Jean-Luc Mélenchon e Jeremy Corbyn, le tre star dell’estrema sinistra occidentale, hanno molte cose in comune. Senza dubbio le giacche che ispirano una certa “autenticità” socialista (quelle troppo larghe del senatore del Vermont, quelle maoiste dell’ex ministro francese e quelle hipster del laburista). Ma soprattutto godono del sostegno di una fetta di elettorato nata e vissuta quando erano già stati sconfitti i miti ideologici dei tre: i millennial, la generazione Y, i “fiocchi di neve” come li ha definiti Bret Easton Ellis. I figli prediletti della globalizzazione occidentale liberale e democratica. Una generazione paradossale. Un sondaggio Reason-Rupe ha mostrato che la maggioranza dei millennial americani ha una visione più favorevole del socialismo che del capitalismo. Un altro sondaggio Gallup parla del 70 per cento di quei ragazzi pronto a votare un “presidente socialista”, avendo imparato del conservatorismo tutto dal comico Jon Stewart. Dopo Sanders, i millennial hanno scelto in massa il candidato dell’estrema sinistra francese, Jean-Luc Mélenchon. Giovedì, in Inghilterra, è stata la volta del compagno Jeremy Corbyn. Con la dovuta prudenza sull’analisi del flussi elettorali, pare proprio che una buona parte del bottino del Labour sia legata a una fortissima partecipazione al voto dei giovani. “I millennial hanno parlato e hanno detto Corbyn”, titolava venerdì il Guardian. Lo stesso non avevano fatto per un loro quasi coetaneo, Ed Miliband.

    

“Cari millennial, avrete tempo per capire la verità su Corbyn e ripensarci”, ribatteva sul Telegraph Allister Heath. Facendo notare un paradosso: “Nell’Europa orientale, i giovani sognavano la rivoluzione capitalistica e democratica. Oggi i millennial dell’Iran sognano il liberalismo occidentale. In Inghilterra i nostri sono attratti dall’utopia socialista di Corbyn”. E va da sé che, fra l’Onda verde e gli ayatollah, Corbyn scelga i secondi, da bravo ospite della tv del regime iraniano, Press Tv. 

    

Il Wall Street Journal ha ironizzato così: “Il comunismo è cool? Chiedetelo a un millennial”. A far scommettere Jeremy Corbyn sui millennial è stato Andrew Murray, apologeta dell’Unione sovietica che ha espresso “solidarietà” alla Corea del nord. “I millennial sono una delle generazioni più fortunate della storia”, scrive il Wall Street Journal. “Sono nati alla fine della Guerra fredda, quando il comunismo tirannico incarnato nell’Unione Sovietica è scomparso. Sono cresciuti in un mondo in cui, per la maggior parte, la libertà economica è stata la regola piuttosto che l’eccezione”. Eppure, un sondaggio del Memoriale per le vittime del comunismo ha scoperto che a malapena metà dei millennial ritiene che “il comunismo è stato o è un problema”. Un quarto dei millennial esprime opinioni favorevoli su Lenin e Mao. La generazione Y è senz’altro multiculturale, in America come in Francia e in Inghilterra, spiegando così il motivo per votare candidati rappresentanti di quel milieu. A Londra ne è un esempio la millennial a capo dell’Unione studentesca (sette milioni di iscritti), Malia Bouattia, classe 1987, di origini algerine, corbinista fanatica che denuncia “i sionisti” nelle università che rappresenta. Una generazione che odia il rischio. Personale, prima di tutto. Come ha reso noto un rapporto pubblicato dallo Urban Institute, le donne millennial “fanno figli a un ritmo più lento di qualsiasi generazione nella storia degli Stati Uniti”. Una generazione che, al 40 per cento come spiega il Pew Forum, vorrebbe limitare la libertà di espressione e di parola in nome della “diversità”. Una generazione avversa al rischio economico (cambiare casa, lavoro e contrarre mutui) e a favore di una massiccia redistribuzione della ricchezza. Una spiegazione del perché i millennial votino estrema sinistra sta forse nelle università: “I dipartimenti universitari (frequentati dai millennial, ndr) sono ormai pensatoi di sinistra, così che a un millennial occorrono dieci anni di vita reale per liberarsi del lavaggio del cervello”. E’ il paradosso di una generazione, la cui ricchezza e libertà personale sono figlie del capitalismo post 1989, ma che adesso si affida politicamente a ricette e slogan primonovecentesche molto illiberali. I fiocchi di neve per i quali la parola socialismo, dopo tutto, ha un bel suono.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.