Continuano gli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine a Caracas (foto LaPresse)

In Venezuela Maduro arresta i colonnelli per paura di un golpe

Angela Nocioni

Il caudillo di Caracas ha offerto favori alle forze militari, ma adesso c’è aria di ribellione. 80 arresti

Ondata di arresti nell’esercito venezuelano per tradimento e ribellione. Il presidente della Repubblica, Nicolás Maduro, ha fatto arrestare ottanta ufficiali. Si tratta in maggioranza di colonnelli e capitani. Si trovano tutti nel carcere di Ramo verde, a Caracas, dove di solito finiscono i detenuti politici. Lì è detenuto il leader dell’opposizione Leopoldo López. Gli arresti sono avvenuti all’inizio di aprile, ma se ne è avuta conferma solo ora.

 

L’ex candidato dell’opposizione alle presidenziali del 2013, Henrique Capriles, del partito Primero Justicia, che è il gruppo maggioritario del fronte antichavista raggruppato nella Mesa de Unidad democratica, aveva detto di aver avuto notizia un mese fa di un repulisti nell'esercito “tra chi aveva manifestato dissenso verso la linea di Maduro”. Ora se ne ha la conferma perché l’agenzia Reuters ha avuto accesso a documenti che confermano l’arresto di almeno 14 militari. Quei documenti arrivano solo fino all’8 aprile, quindi è plausibile che il numero attuale sia quello fornito da Capriles: ottanta. Ci sono processi in corso a carico degli ufficiali arrestati.

 

Nicolás Maduro, da buon autocrate, ha un solo grande timore: un golpe. Lui non viene dall’ambiente militare. Era un sindacalista della metro di Caracas. Sa di essere profondamente disprezzato nella cupola delle forze armate. Sa anche che la sua decisione di convocare un’assemblea nazionale costituente (la data è già fissata: 30 luglio) ha indispettito molti generali. Le Forze armate in Venezuela sono tradizionalmente una forza molto nazionalista. Vedono di malocchio sia il legame sempre più stretto con Cuba, sia gli strappi alla Costituzione. Furono decisivi i voti contrari dei militari, per esempio, a far perdere a Chávez l’unica consultazione popolare che non ha vinto in tredici anni di governo: il referendum per approvare modifiche in senso socialista alla Costituzione. E la convocazione voluta da Maduro di un’assemblea costituente la cui unica ragione d’essere è evitare che si tengano delle elezioni politiche nelle quali il chavismo sarebbe verosimilmente stracciato è un grosso strappo alla Costituzione – che è quella voluta dal defunto presidente Hugo Chávez all’inizio della sua Rivoluzione bolivariana.

 

Per tenere buoni gli alti quadri delle Forze armate, Maduro ha regalato loro la gestione delle principali risorse del paese. I militari controllano tutti i settori in cui circola denaro in Venezuela, sia legalmente sia illegalmente, cominciando dall'industria del petrolio, le miniere, l'importazione di alimenti. Con tutti i loschi traffici relativi a un business così grande in un paese in cui esiste un triplo mercato della valuta. Mantenere i militari a pancia piena, concedendo loro ogni sorta di privilegio economico e sociale, ha evitato finora a Maduro una protesta di massa delle Forze armate. Non lo protegge, però, dal serpeggiare del dissenso che nelle ultime settimane si è cominciato a manifestare apertamente. In aprile tre tenenti sono scappati in Colombia e hanno chiesto asilo politico. Il governo venezuelano ha chiesto la loro estradizione perché li vuole processare per cospirazione.

 

Circola il video di un soldato che si presenta con un sergente della Marina e invita i militari a disobbedire a superiori corrotti. Dice il sergente: "Come guardiano della legge dichiaro il mio rifiuto del signor Nicolás Maduro e disconosco del tutto il suo regime e il suo governo dittatoriale”. Per il capo di un governo in bilico, contestato in strada da manifestazioni popolari quotidiane da tre mesi, nel mezzo di una crisi economica con un’iperinflazione inarrestabile, non sono belle notizie.

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