Donald Trump (foto LaPresse)

Terrore e Twitter. Così Trump governa con la paura

Il presidente amplifica cavalca il panico e lo usa come leva vantaggiosa per promuovere i suoi decreti di sicurezza e attaccare tutti quelli che si mettono di traverso

New York. Nemmeno un attacco terroristico al cuore dell’alleato speciale è in grado di convincere Donald Trump ad assumere il tono presidenziale che si conviene in questi casi, quello che unisce alla fermezza la compassione e soprattutto tende a trasmettere calma nei momenti più febbrili. Al contrario, il presidente amplifica la paura, cavalca il panico, usa il terrore come leva vantaggiosa per promuovere i suoi decreti di sicurezza e attaccare tutti quelli che si mettono di traverso, dagli avversari politici al suo stesso dipartimento di giustizia. Appena ha saputo, attraverso Drudge Report, degli attentati a Londra, è subito passato all’attacco politico: “Dobbiamo essere intelligenti, vigilanti e duri. I tribunali devono ridarci i nostri diritti. Abbiamo bisogno del ‘travel ban’ come misura straordinaria di sicurezza!”, ha twittato. Le condoglianze e l’offerta di aiuto al governo britannico sono arrivate in seconda battuta, superate dal consumo della tragedia per invocare un pericolo imminente e diffuso: “Dobbiamo smetterla di essere politicamente corretti e occuparci della sicurezza della nostra gente. Se non diventiamo furbi, sarà sempre peggio”.

 

Niente di inedito. L’intero impianto politico e comunicativo di Trump è costruito sulla paura, che si declina ora nella retorica del protezionismo per difendere i posti di lavoro dalla globalizzazione, ora nelle barriere per schermarsi dai terroristi, che non sono mai generici ma sempre affiliati a un’ideologia precisa. L’attacco al sindaco musulmano di Londra era inevitabile: “Almeno sette morti e 38 feriti in un attacco terroristico e il sindaco di Londra dice che ‘non c’è ragione di essere allarmati’”, ha scritto.

 

L’espressione “non c’è ragione di essere allarmati” non riguardava la minaccia terroristica, ma era rivolta agli abitanti di Londra che hanno visto un massiccio dispiegamento di forze nelle strade. Il fraintendimento non ha impedito a Trump di rincarare la dose: “La patetica scusa del sindaco di Londra Sadiq Kahn che ha dovuto pensare in fretta la sua dichiarazione sul ‘non c’è ragione di essere allarmati’. Ora i manistream media stanno lavorando duramente per farlo passare!”. Nel tentativo di capitalizzare politicamente la paura, il presidente ha perso il controllo del suo io cinguettante. Ha inopinatamente tirato fuori il dibattito sulle armi da fuoco (“avete notato che non stiamo avendo un dibattito sulle pistole? È perché hanno usato i coltelli e un camion”) e ha attaccato indirettamente quell’ampia fetta della sua amministrazione che da mesi cerca di spiegare al mondo che le limitazioni dei viaggi proposte da Trump – e bloccate dai tribunali – non sono “muslim ban” e nemmeno “travel ban”, sono misure temporanee per una revisione delle norme di sicurezza. Con un tweet ha spazzato via tutto quello che il segretario della sicurezza nazionale, John Kelly, e il portavoce, Sean Spicer, avevano tentato di costruire: “La gente, gli avvocati e i tribunali possono chiamarlo come vogliono, ma lo chiamo come dovremmo e per quello che che è, un TRAVEL BAN!”

 

È finito sotto accusa anche il o dipartimento di Giustizia, che “avrebbe dovuto mantenere il testo originale, non la versione annacquata e politicamente corretta che hanno presentato alla Corte Suprema”. E ancora: “Il dipartimento di Giustizia dovrebbe chiedere alla Corte Suprema una sentenza rapida sul travel ban annacquato e cercare di approvare una versione molto più dura!”. L’intera strategia dei legali dell’amministrazione per approvare il decreto esecutivo è stata spazzata via da una tempesta di tweet inviati d’istinto, ma che seguono la logica del fomentare le minacce per spingere l’osteggiata agenda sulla sicurezza nazionale. Lo ha fatto costantemente in campagna elettorale, sfruttando qualunque episodio di violenza, dagli omicidi di Chicago fino agli attentati di San Bernardino e Parigi, per alimentare il clima da apocalisse terroristica imminente, e non ha cambiato approccio una volta arrivato alla Casa Bianca. Dopo l’attacco di Londra ha deciso di alzare di nuovo la posta sul piatto, anche a costo di andare allo scontro interno con i suoi pretoriani più fedeli. Sono rischi politici che è necessario correre per governare con la paura.

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