Jeremy Corbyn (foto LaPresse)

Corbyn fa campagna elettorale sull'attentato di Londra

Redazione

Laburisti, Lib Dem e Ukip tutti schierati contro le riduzioni del budget alla sicurezza quando Theresa May era segretario agli Affari interni. La polizia intanto svela i nomi di due attentatori 

La polizia britannica ha detto di avere identificato i tre attentatori di Londra che sabato sera hanno ucciso 7 persone ferendone altre 48. Di due di questi sono stati rese note le identità: si tratta di Khuram Butt, di origine pakistana, 27 anni, sposato con un figlio e di Rachid Redouane. Entrambi gli uomini erano residenti a Barking, periferia a est di Londra. Il capo dell'antiterrorismo di Scotland Yard, Mark Rowley, ha detto che Butt era conosciuto dai servizi di sicurezza britannici, ma non c'era nessuna prova che stesse pianificando un attentato. Il dipartimento metropolitano intanto indaga per verificare se i tre facciano parte di una rete terroristica più vasta. Finora le persone arrestate perché considerate vicine agli attentatori sono 11 e sono stati fermati nelle ore immediatamente successive all'attacco, nei quartieri di Newham e Barking, entrambi nella zona est di Londra. 

 

Secondo i media britannici, e come confermato dal capo della polizia metropolitana di Londra, i tre non si sono curati di cancellare o di nascondere molte delle tracce utili a identificarli. Fonti vicine alle forze di sicurezza irlandesi hanno confidato alla Press Association che nelle tasche di uno degli attentatori uccisi dalla polizia è stato ritrovato un documento di identità, secondo cui l'uomo era residente in Irlanda. Anche nel furgone usato per investire i passanti su London Bridge la polizia ha ritrovato molti elementi. Le indagini si muovono in modo molto rapido, ha detto alla Bbc il commissario Cressida Dick, e si concentrano sull'identificazione di eventuali complici. Il canale asiatico della Bbc ha anche riportato la testimonianza di un conoscente di uno dei tre attentatori: l'uomo afferma di avere avvisato le autorità ben due anni fa dei suoi sospetti sulla possibile radicalizzazione religiosa dell'assalitore.

 

 

La polemica May-Corbyn

 

Mentre ricomincia la campagna elettorale, che era stata interrotta subito dopo l'attentato, la gestione della sicurezza a Londra è diventata oggetto di molte polemiche tra conservatori e laburisti, che l'8 giugno si sfideranno alle elezioni. Sul tavolo c'è la questione di chi tra i due schieramenti sia davvero in grado di garantire la sicurezza del paese. May e il partito dei Tory, dopo avere accumulato un vantaggio molto ampio sui rivali del Labour, dal giorno dell'annuncio del voto anticipato hanno dissipato buona parte dei consensi nel giro di circa due settimane. Ora le nuove accuse lanciate dal leader laburista, Jeremy Corbyn (oltre che dai Lib Dem di Tim Farron e dall'Ukip du Paul Nuttal), rischiano di mettere ancora più in difficoltà la premier. Corbyn stamattina ha detto che May dovrebbe dimettersi per avere ignorato i "ripetuti avvertimenti" affinché non fossero ridotti gli agenti della polizia a Londra. "Non si può garantire la sicurezza con il minimo sforzo di budget", ha detto Corbyn. Quando era segretario agli Affari interni, ha ricordato il leader laburista, May ha dato il suo assenso al taglio di 19 mila agenti nella capitale.

 

La premier ha ribattuto rivendicando come il governo abbia sempre sostenuto l'adozione di strumenti idonei per combattere il terrorismo, a cui invece Corbyn si è opposto sempre e in ogni modo. May ha anche ricordato quando il suo rivale laburista, all'indomani dell'attentato di Parigi, si era opposto ai poteri della polizia di sparare per uccidere, poteri che nel caso dell'attacco di Londra si sono rivelati invece essenziali per evitare che il bilancio delle vittime fosse ancora più drammatico. Oggi, Corbyn ha cercato di rettificare quelle dichiarazioni e di presentarsi agli elettori come l'uomo giusto per la gestione della minaccia terroristica: in qualità di primo ministro, ha detto, "prenderei qualsiasi contromisura si riveli necessaria ed efficace".

 

Il contrattacco dei giganti di Internet

 

May ha incassato anche la controffensiva dei giganti della tecnologia e dei social network, accusati dalla premier di avere favorito la diffusione di materiale che incita alla radicalizzazione religiosa. Google ha replicato di avere già speso centinai di milioni di sterline per affrontare il problema; Facebook e Twitter hanno ricordato al governo che stanno già lavorando in collaborazione con le autorità per segnalare possibili soggetti radicalizzati; Apple resta ferma sull'idea che la privacy dei suoi clienti – siano essi terroristi o meno – è prioritaria su tutto, anche sulle richieste delle autorità di potere accedere ai dispositivi usati dagli attentatori.

 

   

Il caso Trump-Khan

 

May è anche accusata dalla stampa britannica di non avere preso una posizione netta in difesa del sindaco laburista di Londra, Sadiq Khan, accusato dal presidente americano Donald Trump di sottovalutare la minaccia terroristica e di predicare calma mentre gli estremisti attaccano la città. In risposta agli attacchi del presidente americano, il portavoce di Khan aveva replicato dicendo che "il sindaco di Londra ha cose molto più urgenti da fare che rispondere a Trump". In conferenza stampa, May ha detto che "Khan sta facendo un buon lavoro" e che "qualunque altro commento è sbagliato", ma non ha voluto infiammare ulteriormente la polemica con Trump. Secondo i laburisti, Trump tenta di usare l'attentato di Londra e le politiche di Khan a favore dell'immigrazione per sponsorizzare il suo muslim ban negli Stati Uniti, che intende chiudere le frontiere americane a molti tra i paesi arabi per motivi di sicurezza. Anche il leader dei Lib Dem, Farron, ha condannato le parole di Trump, che "insultano i nostri valori in un momento di lutto".