Vladimir Putin ed Emmanuel Macron (foto LaPresse)

Macron neoeuropeo

Mauro Zanon

Cooperazione con la Russia sulla Siria, ma attacco immediato se Damasco usa armi chimiche

Parigi. “Pietro il Grande è il simbolo di questa Russia che vuole aprirsi all’Europa. Ciò che è importante in questa storia che ha oggi tre secoli è il dialogo tra la Francia e la Russia che non si è mai interrotto”. Con queste parole il capo dello stato francese, Emmanuel Macron, ha aperto ieri la conferenza stampa congiunta con il presidente russo Vladimir Putin, invitato a Parigi in occasione del trecentesimo anniversario dell’apertura dell’ambasciata russa in Francia e dell’esposizione dedicata a Pietro il Grande, “Pierre le Grand, un tsar en France, 1717” al Grand Trianon. Sullo sfondo del castello di Versailles, ieri Macron ha dato il via all’èra del neoeuropeismo francese, dialogante ma fermo al cospetto di Putin.

 

A due giorni dalla fine dei lavori del G7 di Taormina, Macron deve tirare le somme di cinque anni di tensioni diplomatiche tra Russia e Francia, specie a causa dei numerosi contrasti sul dossier siriano e su quello ucraino. “Sulla Siria, ho ricordato quali sono le nostre priorità: la nostra priorità è la lotta contro il terrorismo (…) e in particolare Daesh. Voglio rafforzare la nostra cooperazione con la Russia, assicurare la stabilità e la transizione democratica ma con una linea rossa: qualsiasi utilizzo di armi chimiche”, ha affermato Macron, mettendo subito in chiaro le cose. Ossia: la volontà è quella di dialogare e lavorare assieme alla Russia per trovare una soluzione al conflitto, ma in caso di attacco chimico da parte di Damasco, alleato di Mosca, la rappresaglia della Francia sarà immediata. Il capo del Cremlino, dopo aver ringraziato il suo collega francese per l’invito in un “luogo magnifico come Versailles”, ha risposto subito sulla questione siriana, condividendo l’idea che “la priorità è la lotta contro il terrorismo”, prima di dire che “non si può lottare contro la minaccia terroristica distruggendo lo stato siriano” e che “il presidente francese ha proposto di creare un gruppo di lavoro affinché gli esperti possano lavorare sia a Mosca sia a Parigi”.

 

Sulla questione ucraina, Macron ha manifestato il suo auspicio per un dialogo nel più breve tempo possibile tra la Francia, la Russia, la Germania e l’Ucraina, al fine di poter evitare un’escalation del conflitto. Putin, dopo l’ultima domanda della stampa accreditata all’incontro, ha dal canto suo protestato contro l’ipotesi evocata durante il G7 di infliggere ulteriori sanzioni alla Russia: “In nessun modo queste sanzioni contribuiscono a risolvere la crisi. Lancio un appello affinché si metta fine a tutte queste limitazioni degli scambi internazionali”, ha detto.

 

Tra i momenti forti della conferenza, spicca sicuramente l’attacco virulento di Macron a Russia Today e Sputnik, media vicini al Cremlino, che avevano diffuso rumors insistenti sulla sua omosessualità e sulla sua vicinanza a una presunta “lobby gay” e che il presidente francese ha definito “organi d’influenza che hanno diffuso contro-verità infamanti sulla mia persona”. Alle domande dei giornalisti sulla presunta ingerenza russa nelle elezioni presidenziali francesi, Putin ha tagliato corto, sottolineando invece l’importanza diplomatica di questo viaggio, e la volontà, nonostante i disaccordi, di lavorare con Macron per trovare soluzioni comuni ai dossier più delicati.

 

Prima di Macron, il capo del Cremlino aveva già conosciuto tre inquilini dell’Eliseo: Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy, François Hollande. Con il primo c’era un rapporto di stima e fiducia, come ha confermato recentemente il portavoce di Putin, Dmitri Peskov: “Fino a oggi, i rapporti migliori sono stati con Jacques Chirac”. A Mosca, piacque molto la politica estera “gaullo-mitterrandiana” di Chirac, in particolare il non allineamento francese all’intervento in Iraq, nel 2003, guidato da Bush e Blair, e i due non esitarono a definirsi “amici”. Con Sarkozy, gli inizi furono invece molto difficili. Mosca vedeva di cattivo occhio l’atlantismo liberale di “Sarko l’américain” e temeva una rupture brutale con la tradizione gollista di Parigi. A questo si aggiungeva un atteggiamento un po’ troppo esuberante per i gusti del Cremlino, che Putin imputò a Sarkozy già in occasione del G8 del 2007. “Se continui a parlare con questo tono, ti schiaccio”, avrebbe detto Putin all’allora presidente francese. Poi, a partire del 2010, con la firma del maxi-contratto per la vendita delle portaelicotteri Mistral, i rapporti migliorarono, e alla fine del quinquennio c’era un clima da luna di miele tra i due capi di stato. Con l’arrivo di Hollande, nel 2012, le relazioni tra i due paesi si degradarono a un livello mai raggiunto nella storia della Quinta Repubblica. Nel 2013, in occasione della prima visita ufficiale di Putin a Parigi, emersero le divergenze profonde tra i due sulla questione siriana. Nel 2014 la crisi ucraina inasprì le tensioni e nel 2016 l’annullamento del contratto di vendita delle Mistral e della visita di Putin a Parigi perché “non benvenuto” fecero precipitare la situazione. A Macron spetta ora il grande compito di rilanciare la secolare relazione franco-russa, una relazione da sempre “passionale”, come l’ha definita l’accademica di Francia di origini russe Hélène Carrère d’Encausse.

 

Il presidente francese si iscrive nella scia di De Gaulle e Mitterrand, difendendo una linea di indipendenza e di equilibrio, una visione multipolare della politica estera, secondo l’idea che dialogare non significa allinearsi. Ma Macron lo fa con uno spirito nuovo, di chi vuole affermare un neoeuropeismo muscolare al cospetto di Putin, di chi aspira a ridefinire rapidamente i nuovi equilibri geopolitici, e non ha certo intenzione di presentarsi in posizione di inferiorità rispetto all’uomo forte del Cremlino. La scelta di Versailles, simbolo della grandeur francese, come teatro dell’incontro non è stata certo casuale.