Peter Mandelson (foto LaPresse)

“Theresa May prenderà voti anche al Labour”. Parla Mandelson

David Allegranti

L'architetto del Labour di Tony Blair è convinto che le prossime elezioni politiche saranno un disastro: “Serve un miracolo per fermare la corsa dei conservatori” 

Roma. “Servirebbe un piccolo miracolo per fermare i conservatori adesso, e per quanto la leadership del Labour sembri credere nei miracoli, il resto di noi deve rimanere più scettico”. Peter Mandelson, architetto del Labour di Tony Blair, è convinto che le prossime elezioni politiche saranno un disastro per il partito laburista. “Mi aspetto – dice Mandelson al Foglio – che i sondaggi fluttueranno un po’ nelle prossime settimane, ma alla fine torneranno approssimativamente dove sono adesso. L’elettorato si è stabilizzato. Il Labour e l’altro partito di opposizione, i Lib-Dem, si passeranno i voti a vicenda ma alla fine la guida dei conservatori sarà solida”. Mandelson ha una pessima opinione della leadership di Jeremy Corbyn. “C’è un elettorato in Gran Bretagna, così come in ogni paese europeo, adatto al suo brand di sinistra. Molte delle sue politiche, ad esempio su proprietà dello stato, spesa elevata, tassazione e debito, sono attraenti per questo elettorato. Ma, malgrado tutto, la Gran Bretagna è un paese che favorisce il centro e Jeremy Corbyn è molto lontano dalle opinioni correnti. Ironia della sorte, Corbyn pretende di basare le sue politiche sull’appeal della classe lavoratrice, ma in realtà è l’elettorato della classe media più idealistica a supportarlo. Molti degli elettori tradizionali del Labour non lo vedono come un leader forte o credibile”. Mandelson pensa però che un nuovo partito di moderati non nascerà.

 

“Non penso sia – dice Mandelson al Foglio – una possibilità concreta. Nonostante se ne parli sempre di più, la maggior parte vuole ricostruire il partito laburista. Ma questo sarà possibile solo se abbastanza attivisti del Labour riconosceranno che il partito attualmente contiene due culture alternative, una di governo e l’altra di protesta. L’ultima cultura è quella rappresentata dall’attuale leadership del Labour. Chiunque concorrerà per la leadership dopo queste elezioni avrà bisogno di riconoscere che tutto questo è insostenibile e che per sopravvivere e crescere di nuovo, il Labour deve diventare ancora una volta un partito di governo. Tocca al partito scegliere. Quando vorrà vincere davvero, lo farà”. Dunque c’è qualche possibilità che i moderati tornino alla guida del Labour? “Ci sono delle buone chance, ma non certezze. L’anno scorso, quando Corbyn è stato sfidato per la guida del partito, il suo oppositore ha ottenuto meno del 40 per cento. Molti attivisti volevano dare a Corbyn il beneficio del dubbio e speravano che avrebbe avuto successo”. Tuttavia, sottolinea Mandelson, “dopo questa elezione, avrà avuto la sua occasione e molti nel partito la penseranno in maniera diversa su di lui”.

 

Theresa May ha promesso il più grande allargamento dei diritti e delle protezioni sociali per i lavoratori dipendenti mai fatto prima da un governo conservatore. Che ne pensa Mandelson del suo manifesto politico? “La signora May non ha interpretato il referendum dell’anno scorso semplicemente come un assenso alla Brexit, ma anche come una richiesta di ‘resettare’ la politica britannica, una richiesta di riconoscimento della rabbia che molti provano per i salari stagnanti, l’impossibilità di incidere sul paese e le diseguaglianze che ci sono nella società. Vuole rilanciare l’immagine dei conservatori agli occhi di chi è stato lasciato indietro economicamente e chi sente che le proprie idee o attitudini vengono ignorate. Sta anche rispondendo ai bisogni di cura tra la popolazione che continua a invecchiare, adottando un approccio schietto e distinguendo tra gli anziani bisognosi e quelli più benestanti. Questo è un modo di contenere i costi di una popolazione che invecchia alternativa alla redistribuzione di fette di spesa pubblica tra i giovani e gli anziani”. La signora May, aggiunge Mandelson, “crede che il Labour sia in uno stato di vulnerabilità unica e che questa sia l’opportunità migliore per conquistare gli elettori tradizionali del Labour. Non perderà questa occasione. Sta inoltre capitalizzando il voto sulla Brexit per rafforzare il suo appeal nazionalistico agli occhi di quegli elettori che hanno votato in precedenza Ukip”. Insomma, per tutte queste ragioni, ha con sé “una grande maggioranza”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.