Marine Le Pen (foto LaPresse)

L'assillo di Marine Le Pen: rifondare il Front senza perdere l'identità

Mauro Zanon

La leader francese fa troppa paura per creare intorno a sé una nuova formazione di destra, ci dice il direttore di Marianne

Parigi. “Paradossalmente, è anzitutto una pessima notizia per Marine Le Pen”. Martedì sera, Marion Maréchal-Le Pen, giovane astro del Front National che tutti indicavano come predestinata a sostituire la zia Marine in vista del 2022, ha deciso di ritirarsi dalla vita politica, di dimettersi dal ruolo di deputata dell’Assemblea nazionale e di presidente del gruppo Fn nella regione Paca. L’annuncio, inatteso nella sede di Nanterre, ha provocato un terremoto politico nel partito della destra identitaria. Il suo fondatore, Jean-Marie, ha parlato di “diserzione” di Marion, e nelle prossime settimane potrebbe andare in scena lo scontro massimo tra le due linee del Fn: quella sovranista e progressista, incarnata dal vicepresidente Florian Philippot, e quella conservatrice e cattolica difesa fino a ieri dalla giovane Le Pen. “Il fatto che Marion abbia annunciato il suo ritiro subito dopo la sconfitta delle presidenziali simboleggia il disordine all’interno del Fn e dà l’impressione di una persona che era stremata dalle divergenze ideologiche intestine, dalle incomprensioni con la zia e soprattutto con il suo vice Philippot”, dice al Foglio Renaud Dély, direttore del settimanale Marianne e autore di un saggio sulla leader frontista intitolato “La vraie Marine Le Pen” (Plon).

 

Chi andrà dunque a sostituire la nipote, facendosi interprete delle battaglie della base tradizionalista del Fn? “Non ci sono successori di Marion, la sua partenza lascia un vuoto all’interno del partito. Non c’è nessuno che abbia la sua stessa popolarità tra i militanti del Fn”, spiega Dély, prima di aggiungere: “Nel futuro prossimo, il problema principale è che Marine Le Pen vuole cambiare il nome e riunire i patrioti e i sovranisti di destra sotto una stessa etichetta, ma soltanto una parte del Fn è d’accordo con questa operazione. L’altra parte, che rappresenta la maggioranza delle formazione frontista, è contraria. La base del partito, che si rispecchiava nella linea difesa da Marion, non pensa che il problema sia l’appellativo ‘Front national’, bensì la linea sociale, antieuropeista e ‘troppo a sinistra’ difesa da Philippot e l’incompetenza di Marine, apparsa durante il dibattito tra il primo e il secondo turno troppo aggressiva, brutale e impreparata”, dice il direttore di Marianne. E ancora: “Chi conosce Marine Le Pen sa che non ha le competenze, e lo si è visto soprattutto nel suo programma economico. Lei è convinta di superare le discussioni che esploderanno nelle settimane a venire cambiando semplicemente il nome del partito, ma per la maggior parte degli elettori il problema sono lei e il suo vice”.

 

Ora che la parte moderatadei Républicains, il partito neogollista, si sta avvicinando a En Marche!, movimento del neoeletto presidente Emmanuel Macron, molti osservatori sostengono che una parte dei Républicains potrebbe unirsi all’ala frontista lasciata orfana dall’abbandono di Marion. Ma per Renaud Dély è attualmente “impossibile” questa alleanza tra il Fn tradizionalista e l’ala muscolare dei Républicains, “perché il risultato ottenuto alle presidenziali è troppo basso per attirare delle personalità della destra repubblicana, e la performance di Marine durante il dibattito decisivo contro il leader di En Marche! ha fatto fuggire molte persone”. “Non è stata abbastanza forte e solida per attirare dei responsabili di destra”, spiega Dély. La figura di Marion attirava invece molti esponenti della cosiddetta ‘droite hors les murs’, tra cui Philippe de Villiers, Eric Zemmour, Patrick Buisson e Robert Ménard”. Come si ricomporrà dunque la destra neogollista francese dopo le legislative di giugno? Secondo il direttore di Marianne, “alcuni andranno verso Macron, altri potrebbe creare un proprio partito. La dirigente del Fn fa paura ed è troppo incompetente per attirare la destra borghese e classica”.

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