Marine balla da sola

Paola Peduzzi

Le Pen disruptor anti Macron. Meno Front national e più “rassembleur” per il voto operaio e dei giovani

Uniamoci, noi del popolo, contro il “progetto fratricida” di Emmanuel Macron, ha detto Marine Le Pen, cavalcando la retorica delle “deux France” inconciliabili, indossando gli abiti del disruptor e rovinando la prima uscita elettorale per il secondo turno del 7 maggio del suo rivale. La leader del Front national – che s’è temporaneamente congedata dal Front national – ha fatto una visita a sorpresa nel parcheggio della fabbrica Whirlpool ad Amiens, ascoltando le testimonianze furiose degli operai “contro la mondializzazione vergognosa” che ruba posti di lavoro, mostrando tutta la sua empatia e comprensione per i “dimenticati” che mai potranno essere rappresentati da un presidente diverso da lei. Quando poi è arrivato, come previsto, il rivale Macron, “l’oligarca” come viene definito dal popolo lepenista, il danno era fatto, lei aveva conquistato il pubblico, si era fatta fotografare e abbracciare, a lui aveva lasciato i fischi – ma poi Macron si è saputo difendere bene.

 

Da quando si è qualificata per il secondo turno delle presidenziali, la Le Pen ha perfezionato la sua strategia, che si può sintetizzare in: “Non sono Le Pen, sono Marine”. In tv due sere fa ha detto di essere “europeista”, ma per un’Europa dei popoli; al papà Jean-Marie che si lamentava della campagna troppo soft della figlia ha risposto con un passo ulteriore lontano dal Front national; a chi parla di destra estrema da estromettere a ogni costo lei ribatte che non c’è destra e non c’è sinistra (ironia assoluta, considerando chi è il suo avversario), c’è il popolo che si sente escluso e c’è l’élite arrogante che lo esclude. E’ su questa linea che Marine vuole creare il suo fronte populista, allargando il suo 20 e rotti per cento all’elettorato di destra che in fondo non la detesta più di tanto e a quello di sinistra insensibile, per usare un eufemismo, alle istanze ubercapitaliste di Macron. Il resto, secondo il calcolo lepenista, potrebbe farlo l’astensionismo, ché i disaffezionati, gli schizzinosi e gli indignati sono alleati formidabili dei populisti.

 

Ad Amiens la Le Pen ruba la scena a Macron, facendosi paladina degli operai contro la globalizzazione "vergognosa"

“Au nom du peuple”: lo slogan sulle magliette c’è già, si tratta di metterci più Marine che Le Pen e le possibilità di riuscita aumentano. I sondaggi continuano a dare la vittoria a Macron al secondo turno, ma lo staff della Le Pen ridacchia, la bolla liberal si nutre di previsioni sbagliate, è già accaduto con la Brexit, è già accaduto con Trump. L’obiettivo unico ora è costruire questo popolo al di fuori dei confini tossici del Front national. Uno dei tesori più inseguiti è quello del voto giovanile perché, secondo alcuni sondaggi pubblicati negli ultimi giorni (non ci sono ancora i dati definitivi), i giovanissimi tra i 18 e i 24 anni si sono appassionati più alla Le Pen che a Macron, e più di ogni altra cosa (al 30 per cento circa) si sono lasciati ammaliare da Jean-Luc Mélenchon, “l’insoumis” di Francia. Mélenchon non si è qualificato per il ballottaggio, ma il suo elettorato è, secondo le rilevazioni, molto spaccato: una parte vota per il “meno peggio” Macron (quasi al 50 per cento, secondo un sondaggio Ifop), un’altra parte non vota perché così fa sentire “più forte la propria voce”, un’altra parte ancora è indecisa, quindi secondo il calcolo lepenista conquistabile.

 

A ben vedere non è un momento di grande successo per i giovani. Nel Regno Unito erano a favore dell’Europa, ma complice anche la loro pigrizia sono stati battuti, e ora nelle manifestazioni anti Brexit si lamentano dei nonni che stanno rubando il futuro europeista. Negli Stati Uniti, i ragazzi erano per la maggior parte “Bernie Bros”, sostenitori accalorati di Sanders, ma il loro beniamino è stato spazzato via da Hillary nel gioco delle primarie, e poi si sa come è andata. Mélenchon è stato rappresentato come il Bernie di Francia, con quell’età e quella retorica, e molte delle sue idee, soprattutto in ambito economico, sono simili (ben più radicali) a quelle del senatore del Vermont. I populismi di destra e di sinistra si sfiorano di continuo, i giovani francesi sono considerati più pessimisti e più antisistema della media, e il fatto che Mélenchon insista nel lasciare i suoi elettori liberi – pur continuando con le consultazioni online – alimenta la chance dei lepenisti di rosicchiare consensi anche in questo bacino. La memoria storica sul Front è più bassa, e come ha ammesso lo stesso Macron in televisione l’altra sera, lasciare che la Le Pen si normalizzasse è stato un errore grave (François Hollande, il presidente, che parla poco per fortuna di Macron, ha dato in realtà una linea corretta: ci possono raccontare quel che vogliono, ma è pur sempre la Le Pen!).

 

Il leader della gioventù del Front aiuta l'operazione Marine con la sua faccia pulita e ripetendo: siamo come i vostri vicini, normali

L’armata dei normalizzatori di Marine è tutta schierata. Gaëtan Dussausaye, che guida il Front national della gioventù, è spesso in tv (durante la notte elettorale è stato uno dei tre intervistati dalla tv di stato della Russia, gli altri due erano suoi colleghi del Fn), e ripete: “I frontisti sono i nostri vicini, sono francesi come gli altri, come voi”. La de-diabolizzazione lepenista passa anche per questo ragazzo del 1994, che è “rassembleur” fin dalle sue origini, ha una passione per il generale De Gaulle ed è in asse con il vice di Marine, quel Florian Philippot che è all’origine della rottura con Jean-Marie Le Pen e più in generale il regista della strategia di normalizzazione della candidata presidente – il “rassembleur en chief”, insomma. La formazione di Dussausaye s’attaglia perfettamente a questa operazione “del popolo”: una delle sue foto più famose lo ritrae, giovanissimo, con la chitarra al collo, i capelli lunghi con le mèches verdi, su un palco con la sua band metal, i Bursting Creepy. Nato nell’Essonne, Dussausaye è cresciuto in una famiglia poco politicizzata, ha iniziato a studiare filosofi politici da solo e quando ha deciso di avvicinarsi al Front, sua madre gli ha consigliato di andare Parigi, lontano dalla loro cittadina piena di chiacchieroni. Quando è diventato leader della gioventù frontista, con quel suo viso pulito, carino e filiforme, molti sostenitori del partito si sono risentiti, “gli manca il testosterone”, ha lasciato scritto su un forum uno di questi. Oggi invece il giovanotto di bell’aspetto che maneggia Marx “per avere argomenti quando discuto con quelli di sinistra” è perfetto per la strategia dei “rassembleur“”,”: almeno fino al secondo turno non ci sono più i Le Pen, c’è soltanto Marine.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi