Marine Le Pen ed Emmanuel Macron (foto LaPresse)

Les deux France

Macron vs Le Pen. Così si organizzano le tribù elettorali francesi

Paola Peduzzi

Un occhio alla mappa e uno alle esperienze negli altri paesi. Il collante degli europeisti e quello degli altri

Milano. La mappa elettorale della Francia è irriconoscibile, il rosa dei socialisti è praticamente scomparso (l’esagono con soltanto i voti del partito dell’attuale presidente François Hollande è di un bianco sfinente), il blu dei neogollisti è sbiadito, e invece ci sono il nero di Marine Le Pen, forte nel nord est e nel sud est, il rosso di Jean-Luc Mélenchon presente al sud, ma anche in molte altre parti del paese, e il colore della novità, quell’arancione-Macron che prima non c’era e ora c’è. Ma ora inizia la campagna elettorale per il secondo turno, la sfida tra “les deux France” come titola il Monde, Macron e Le Pen, e tutte le distinzioni e le sfumature sono destinate ad appiattirsi: o contro o a favore. Le varie tribù elettorali francesi – che sono state tratteggiate a meraviglia in un articolo sul Financial Times firmato da Simon Kuper – si devono riallineare. Hollande ieri ha dato il suo appoggio formale a Macron, dopo che il Partito socialista, in una riunione da lacrime, aveva votato all’unanimità per sostenere il fuoriuscito di En Marche!. Anche la destra si sta compattando attorno a Macron, dopo che lo sconfitto François Fillon, che ieri ha annunciato di non avere la “legittimità” per guidare i Républicains alle legislative di giugno, ha detto che la priorità è battere la destra estremista. Ma i sondaggisti, che escono finalmente trionfanti da un’urna, avevano visto giusto, dicono che ci sono incognite pericolose nella costruzione di quel “fronte repubblicano” che dovrebbe lasciar fuori dall’Eliseo il non-repubblicano Front national: L’astensione da un lato, imponderabile e spettrale, e Mélenchon, che ha ottenuto il 19,58 per cento dei voti, un filo meno di Fillon (al 20,01), e non ha dato indicazioni di voto. 

 

 

L’altra grande tribù, secondo la definizione di Kuper, è quella degli “urban winners”, gli abitanti felici delle città, che vivono nei centri più belli e più ricchi del paese (pare che la destinazione più ambita oggi sia Bordeaux) e che hanno votato il candidato che ha un punto esclamativo nel logo, l’ottimista Macron. “Questo è uno scontro molto presente – dice Kuper – è difficile immaginare che i pessimisti, soprattutto giovani, finiscano per votare l’ottimista Macron”. La frattura campagne-città in Francia ripercorre quella che già si è concretizzata nel Regno Unito sulla Brexit e anche in America, e naturalmente gioca a favore della Le Pen. Fin dal suo discorso domenica sera, la candidata del Front national ha ripetuto gli slogan dei partiti internazionali a lei vicini, nazionalisti e antieuropeisti, e sotto il suo leggio si vedeva chiaro il messaggio: “Au nom du peuple”. Il popolo contro le élite arroganti: questa è la colla che la Le Pen userà per formare la sua coalizione euroscettica e antisistema, sperando che su questa strada l’eredità del suo partito, il Front national, risulti infine meno pesante: i partiti tradizionali saranno anche finiti, ma le fondamenta del Fn sono note a tutti, e per completare la sua opera di normalizzazione ora alla Le Pen conviene fare un pochino a meno della sua tanto cara identità politica.

 

Le tribù del Front sono molteplici: ci sono i piccoli imprenditori, che soprattutto al sud sono molto conservatori e che spiegano quel nero e rosso che risaltano sulla mappa elettorale della costa mediterranea. Ma è nel nord che la battaglia tra “les deux France” diventerà cruciale, perché soprattutto nella parte orientale c’è la “rust belt” francese, come la chiama Kuper usando un riferimento americano, dove il Partito socialista, che è stato a lungo il punto di riferimento politico, ha perso gran parte del suo consenso, in particolare negli ultimi cinque anni hollandiani. Avete presente le roccaforti laburiste che, in occasione del referendum europeo hanno votato Brexit? Ecco. L’arancione-Macron da queste parti è raro (il candidato di En Marche! è andato bene nel nord occidentale), perché qui di urbano non c’è nulla, anzi ci sono quelli che vengono chiamati i “deserti” delle campagne, dove non si trovano né bistrot né poster elettorali, e a volte non prende bene nemmeno il telefono, come sottolinea Kuper. Uno studio Ifop di qualche tempo fa aveva raccontato che ogni volta che si chiude un ufficio postale crescono gli elettori del Fn: il senso di esclusione aumenta.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi