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Le due certezze nell'incertezza del voto in Francia

Lanfranco Pace

Promossi i francesi che hanno smentito il pregiudizio banale secondo il quale i fatti di giovedì sera avrebbero portato acqua al mulino di Le Pen; promosso Macron e la sua storia d'amore; promosso Bersani per l'erudizione, rimandato per il resto. Il Pagellone alla settimana politica

Al via le elezioni presidenziali francesi, il cui risultato condizionerà l’avvenire dell’Europa più delle elezioni di settembre in Germania dove fin da ora sembra poco probabile la sconfitta della cancelliera Merkel. Il voto francese invece è molto incerto e promette di essere per molti versi spiazzante.

Conosceremo domenica sera i nomi dei due candidati che si si sfideranno nel ballottaggio del 7 maggio. Stando agli ultimi sondaggi sono in quattro in un fazzoletto, attorno o poco distanti dal 20 per cento dei voti, cioè dentro “l’épaisseur du trait”, lo spessore del tratto, come gli allievi della prestigiosa Ena per distinguersi chiamano il margine di errore statistico.

Nell’incertezza ci sono comunque due certezze. L’attentato sui Campi Elisi in cui un poliziotto è stato ucciso e altri due gravemente feriti non ha influito sulla scelta degli elettori. I francesi da anni convivono con il dolore, hanno sempre reagito con grande dignità, non hanno mai sbracato e sono subito tornati a vivere normalmente. Non per fatalismo come potremmo fare noi italiani, ma per la consapevolezza che un grande paese paga sempre dazio, non può cancellare dalla sua storia la violenza in tutte le sue varianti, dalla strage compiuta nel tentativo di uccidere l’imperatore Napoleone III ai primi numerosi e devastanti attentati dell’era moderna, negli anni della decolonizzazione, fine anni Cinquanta e primi anni Sessanta, quando l’Oas combatté a suon di bombe l’indipendenza algerina e attentò più volte alla vita stessa del presidente De Gaulle.

I francesi hanno dunque smentito il pregiudizio banale, diffuso anche in Italia, secondo il quale i fatti di giovedì sera avrebbero portato acqua al mulino di Marine Le Pen. Le reazioni a caldo della leader del Front national sono apparse dimesse e banali: cancellare Schengen, chiudere le frontiere ed espellere tutti quelli bollati dai servizi di intelligence come radicalizzati e pericolosi.  Già, ma espellere verso dove? Chi se li piglia tanto più se francesi di terza o quarta generazione? Sarebbe più efficace e probabilmente più legittimo fare come il Generale che organizzò una rete di uomini di mano, i barbouze, una sorta di polizia parallela guidata da Jacques Foccart e Charles Pasqua e braccò i militanti dell’Oas fino praticamente a farli fuori tutti: in qualche anno sgominò un’organizzazione ricca potente e che godeva di protezioni nelle alte sfere dello stato.

La seconda certezza di questo primo turno è che se quattro corrono per il podio sette corrono nemmeno per la gloria ma solo per farsi vedere: fra questi c’è il candidato ufficiale e vincitore delle primarie del partito socialista, Benoit Hamon, che pure è un brav’uomo ma difficilmente arriverà al 10 per cento dei voti. Il partito che ha governato per anni, a volte forte da imporre la coabitazione a un presidente di destra (Chirac), il partito che ha espresso due presidenti della Repubblica rischia l’estinzione dopo cinque anni di François Hollande alla testa dello stato.

Se al ballottaggio arriveranno Le Pen e il candidato della sinistra radicale e nazionalista Mélenchon, l’Ue potrebbe chiudere l’indomani mattina.

In ogni altra configurazione invece avrebbe qualche chance di sopravvivere e magari pure di rilanciarsi. Lo scontro dato fino ad oggi per il più probabile è tra l’estrema destra vichista della Le Pen e Emmanule Macron, che è stato ministro dell’economia di Hollande ma è un centrista che vuole superare l’idea stessa di destra e sinistra.

Entrerebbe così all’Eliseo qualcuno che non è né di sinistra né gollista o supportato da gollisti, come fu il caso di Giscard d’Estaing. Sarebbe una brusca interruzione nella storia della V Repubblica e del compromesso su cui fu fondata.

 

VIVA VIVA L’AMOR

Se Macron dovesse farcela, non sarà solo la vittoria sorprendente di un ex banchiere d’affari e puro uomo di establishment in tempi in cui banchieri e establishment non vanno molto per la maggiore. Non sarà solo una prima rivincita del sistema sugli anti-sistema. Sarà anche la vittoria sorprendente di una grande storia d’amore: Brigitte Trogneux ha venticinque anni di più del candidato, è sua moglie da dieci e lo ama da sempre. Si conobbero al liceo, lei professoressa di letteratura francese sexy e brillante a detta di tutti capace di infondere passione e cultura, lui l’allievo quindicenne più dotato e versatile del liceo. Fu amore improvviso che resistette a tutto, alla provincia pettegola e maldicente, al marito e ai figli di lei, alla famiglia di lui. Sono scappati, si sono nascosti, si sono inseguiti, ritrovati e sempre amati come un’anima sola. E’ lei che lo consiglia, lo spinge, lui voleva candidarsi quando il movimento En marche fondato pochi mesi fa avesse preso piede, messo radici, lei lo convince che il momento è ora e non sai mai se e quando si ripresenterà. E lui è andato. Nello scetticismo e nell’ironia generale, nel fuoco di sbarramento dalla sinistra intera, socialisti, comunisti, trozkisti e mélanchoniani uniti contro il traditore, il banchiere, il tecnocrate, il neo liberista sfrenato e perché no il gay magari inconsapevole. Conosciamo la musica.

Invece ha retto malgrado la voce un po’ chioccia, l’assenza di panza e carapace, la totale inesperienza politica e oggi è probabilmente il preferito dagli elettori.

Dalle donne soprattutto e da coloro che se ne fregano se davvero cambierà il welfare o cancellerà secolari parole dal vocabolario della politica, in fondo se ne sono sentite tante fino ad oggi. Ma una storia d’amore così non s’era mai vista e se la sognano a occhi aperti. Almeno cambia rispetto alla volgarità di un altro presidente che si camuffa, esce all’alba da solo e in scooter va a portare i croissant alla attricetta appena conosciuta.

 

 

NON DIMENTICHIAMO PERO’…

Non ne sapevo nulla, devo tutto a Pietro Barabino e a Matteo Pucciarellli (voto 10) autori di un servizio godurioso su Rep TV. Oggi si vota a Seborga, comune ligure, entroterra di Imperia, che siccome non fu annesso all’Italia unita ambisce a starsene per i fatti propri: trecentocinquanta seborghini si pronunceranno con referendum sull’indipendenza e se stare con l’illuminato principe Marcello, discendente del monaco che più di mille anni fa fondò il borgo, e della principessa Nina Dobler. A simboleggiare il futuro ci sono frontiere con garitte per ora vuote, un governo ombra con tanto di ministro degli interni e degli esteri che convive alla buona con il sindaco ma intende andare fino in fondo, proseguire anche in sede europea la battaglia per l’indipendenza. Insomma vogliono oggi dall’Italia e dall’Europa quello che i Grimaldi ottennero più di sette secoli fa da Genova: un potenziale principato di Monaco seppure in alta collina fa gola.

Il principe già parla di location sfarzosa per matrimoni di ricchi giapponesi, cinesi, coreani e perché no russi e americani.

Si dirà è solo una favola ma perché invece dovremmo prendere per seria e realistica la richiesta di indipendenza della Lombardia e del Veneto? Anche

Maroni, Zaia e Salvini ragionano volgarmente in termini di sghei ma almeno il principe e la principessa di Seborga sono nobili, il che non guasta, poi hanno pure una zecca e una moneta bella assai, le petit louis, il luigino, che al Forex vale ben sei dollari americani. E voi donne Rosine del nord che ci avete?

 

COSE BAGATELLARI

Il povero Bersani ce la mette tutta. Riflette, si documenta, studia, prende altezza dalle cose contingenti e immediate. Ospite a Di Martedì ha parlato di nuovo ciclo economico, a venticinque anni dall’inizio della globalizzazione un periodo storico ed economico si sarebbe definitivamente chiuso, il discorso sulla concorrenza, sul merito, sulla eccellenza che funzionava allora oggi sarebbe aria fritta soprattutto agli occhi dei giovani. Di questo si dovrebbe dunque parlare per far tornare grande e plurale il centro sinistra e non di “cose bagatellari” che non lo interessano né lo riguardano (voto 9 alla metafora austro tedesca e particolarmente erudita). 

Il discorso sarebbe anche condivisibile. A qualche bagatella près.

Non mi pare che negli anni Novanta agli albori della globalizzazione eccellenza merito e cose simili fossero molto in voga in Italia e auspicate da Bersani e dal suo partito di allora: perché chi vuole tutelare tutti e non lasciare indietro nessuno come dichiara ipocritamente tanta sinistra tende a non riconoscere merito ed eccellenza. D’altronde fra tanti governi e tanti ministri della pubblica istruzione ulivisti e assimilabili tutti hanno pensato a tutelare gli insegnanti e nessuno a istituire vere borse di studio, non noccioline, ma all’americana, 20-30 mila euro l’anno a studenti meritevoli e figli di famiglie poco abbienti. Bersani, non è questo il primo ascensore sociale di una società aperta?

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  • Lanfranco Pace
  • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.