Forze di polizia a Gerusalemme nel luogo in cui la turista britannica è stata accoltellata (foto LaPresse)

Da Westminster a Gerusalemme

Redazione

E’ lo stesso terrorismo che ha ucciso una ragazza inglese in Israele

22 marzo. Un terrorista islamico, armato di coltello, dopo aver investito dei passanti sul ponte di Londra, tenta di assaltare Westminster, uccidendo una guardia. 14 aprile. Un terrorista islamico accoltella a morte una ragazza inglese a Gerusalemme, sul tram che passa accanto alla Città Vecchia. Stessa matrice (islamica), stessa arma usata (la lama), stessa identità delle vittime (inglese), ma molto diversa la località. E quest’ultima, Israele, è come se garantisse un salvacondotto ai terroristi. Da quando è iniziata l’“Intifada dei coltelli”, 43 cittadini israeliani, in maggioranza civili, sono stati uccisi in attacchi di questo genere o investiti da auto.  La polizia israeliana era in allerta per le feste della Pasqua ebraica. Eppure, la società civile considera il terrorismo contro Israele moralmente giustificato, mentre quello di Londra è “barbarie”. L’Inghilterra in particolare fermenta di questo doppio standard, nelle sue gloriose università, nei suoi altrettanto gloriosi antichi giornali, nel suo ceto letterario.

 

Una grandissima parte dell’occidente considera Israele sacrificabile e il sangue dei suoi cittadini meno rosso di quello degli europei duramente colpiti dal terrorismo in questi due anni. Non è l’“occupazione” a motivare i terroristi, ma l’odio per gli ebrei israeliani. Così come non è la guerra a spingere l’Isis a colpirci e a insanguinare nazioni pacifiste come Belgio e Svezia e più interventiste come Francia e Inghilterra. E’ una guerra all’occidente giudeo-cristiano-liberale da parte di frange radicali dell’islam. E Israele ne fa parte. Trattiamolo quindi di conseguenza.

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