Hassan Nasrallah, segretario del partito e gruppo militare sciita Hezbollah

In Siria ha vinto Hezbollah

Redazione

Quanto è rischioso per l’Ue investire sullo status quo a Damasco

L’Europa si prepara a ospitare una conferenza di pace sulla Siria, una serie di annunci e investimenti per consolidare lo status quo feroce di Damasco. Sulla questione siriana l’Unione europea non ha trovato mai una visione strategica: non lo ha fatto nessuno, si dirà, figurarsi se il compito poteva essere assolto da un’istituzione che in politica estera ha sempre annaspato. Ora che il mondo, tra frustrazione e stanchezza, si compatta attorno a questo status quo assadista, è ancora più difficile immaginare che dall’Ue arrivi qualche genere di inversione di rotta, anche se la minaccia che proviene dalla Siria è ben più pericolosa per noi che per molti altri interlocutori. Ma l’assenza di una strategia complessiva non deve far dimenticare che le forze che sono emerse sul campo, in sei anni di guerra, costituiscono un rischio ben più grande della dialettica chi-è-il-male-minore tra Stato islamico e Assad.

 

Il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo in cui dice una cosa molto chiara: il vincitore in Siria è Hezbollah. E’ il motivo per cui Israele è intervenuto a più riprese in Siria, il motivo per cui il resto del mondo si nasconde dietro al caos che c’è sul campo per non ammettere che le forze e gli interessi in gioco non sono soltanto locali. I padrini di Hezbollah sono a Teheran e si sa che l’Iran con i suoi partner anche a Damasco rappresenta la minaccia esistenziale per la sopravvivenza di Israele. Quando si investe sullo status quo in Siria, bisognerebbe badare anche e soprattutto a questo: si rafforzano nemici storici, il male minore o maggiore è un alibi pericoloso.

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