Brexit tea (foto di frankieleon via Flickr)

Guadagnare con la Brexit. Il caso di ExpatExit

Enrico Cicchetti

C’è un sito che aiuta gli stranieri “in fuga” dal Regno Unito a trovare lavoro in Ue

La prospettiva di aziende che tranciano migliaia di posti di lavoro era uno degli spauracchi nei giorni del referendum per la Brexit dello scorso anno. I rappresentanti della campagna del Remain, prima del 23 giugno, sostennero che “due terzi dei posti di lavoro nel Regno Unito dipendono dalle domande dall’Unione europea”. Un’affermazione inesatta, dal momento che, secondo i dati del Centre for Economics and Business Research, i posti di lavoro direttamente collegati alla permanenza del Regno Unito nell’Ue sono solo il 15 per cento e in ogni caso per conoscere se questi saranno effettivamente recisi bisognerà capire in che direzione andrà la trattativa.

  

A quanto pare però c’è già stato un aumento degli addii a Londra, almeno per quanto riguarda gli stranieri che lavorano in Gran Bretagna e ora stanno riconsiderando il loro futuro. ExpatExit.com, è un il progetto che punta ad aiutare gli stranieri che lavorano nel Regno Unito a trovare nuovi posti di lavoro in altri paesi sull’onda dell’incertezza post-Brexit. Il progetto nasce da un'idea del 33enne Marcin Czyza, un commodity trader polacco che lavora ad Amsterdam. "I miei colleghi del Regno Unito mi hanno detto di essere alla ricerca di nuovi impieghi e ho pensato che sarebbe stata una grande idea creare una sorta di organizzazione che potesse trasformarsi in un business", ha detto Czyza a Business Insider. "Ora inizio ad avere sempre più iscrizioni, quasi tutti i giorni”.

Chi si registra a ExpatExit può compilare un profilo personale e decidere dove vorrebbe trasferirsi. Nel giro di pochi mesi, l'interesse per il sito è ampiamente aumentato. Il picco d’interesse sarebbe coinciso con l’inizio della campagna sull’"hard Brexit" da parte del governo britannico. Ad oggi ci sono più di 1.200 candidati registrati, dei quali circa il 90 per cento sono stranieri che vivono nel Regno Unito. "Ho segnalato i primi contatti a reclutatori e dipartimenti delle risorse umane", racconta Czyza alla Bbc. E spiega che ora sta diventando sempre più difficile tenere il passo e ha iniziato a lavorare con un certo numero di aziende in settori come la finanza e l’IT che stanno cercando di assumere persone “in fuga” dal Regno Unito.

  

Un report della London School of Economics che compara diversi studi sul tema sostiene che la domanda da altri stati membri costituisca circa il 12 per cento della domanda finale di beni e servizi nel Regno Unito e questo si traduca in circa 3,3 milioni di posti di lavoro. “Non significa necessariamente che quei lavori siano a rischio”, si legge. “Tuttavia, ci sono alcuni settori nei quali perdite sono probabili e altri dove la Brexit potrebbe addirittura vedere un incremento nei posti di lavoro. Le perdite sono probabili in qualche lavoro nella City, come molti rappresentanti del settore hanno chiarito”.

  

In effetti, le banche e le istituzioni finanziarie inglesi potrebbero decidere di spostarsi in Europa per mantenere rapporti di favore accordati dalle istituzioni europee. Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan, avvertiva, a inizio giugno, che la banca americana – con oltre 16mila impiegati nel Regno Unito – potrebbe rimuovere tra le 1.000 e le 4.000 persone. Morgan Stanley previde di trasferire 1.000 persone delle 6.000 verso l’Ue mentre Goldman Sachs dovrebbe trasferirne almeno 1.600. Per Marcin Czyza ed ExpatExit potrebbe essere la tempesta perfetta.

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