Angela Merkel ed Emmanuel Macron (foto LaPresse)

Il day after perfetto della vittoria dei liberali in Olanda è l'unione tra Merkel e Macron

Mauro Zanon

Il leader di "En Marche!" è l’unico baluardo in grado di arrestare l’ondata frontista, che potrebbe abbattersi su Parigi con conseguenze nefaste per la sopravvivenza dell’Unione europea

Parigi. A gennaio non c’era riuscito. Giovedì, invece, Emmanuel Macron, candidato all’Eliseo e leader del movimento politico En Marche!, è entrato dall’ingresso principale, accolto a Berlino nel palazzo della Cancelleria federale dalla presidente cristiano-democratica tedesca Angela Merkel. “Ho trovato delle convergenze” con la cancelliera tedesca, ha detto l’ex ministro dell’Economia francese al termine del colloquio, durato più di un’ora, in particolare sulla necessità di una “cooperazione rafforzata” in Europa. La leader della Cdu è “favorevole a una coppia franco-tedesca ancora più forte”, ha aggiunto il candidato di En Marche!, che su Twitter, postando la foto in compagnia della cancelliera, ha scritto: “Incontro con Angela Merkel. Non si può difendere un progetto per la Francia senza tener conto di un progetto europeo e della Germania”.

 

Dopo l’incontro con la Merkel, Macron si è diretto alla Hertie School of Governance, dove ha tenuto una conferenza intitolata “Quale futuro per l’Europa?”, in compagnia del ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, e il celebre filosofo Jürgen Habermas, tra i principali esponenti della scuola di Francoforte. Quest’ultimo ha dichiarato che “Macron ha osato superare una linea bloccata dal 1789, tra la sinistra e la destra politiche” e che “si distingue dal resto dei politici per il fatto che dice quali sono i problemi senza giri di parole”, prima di lasciare la parola al diretto interessato che ha affermato la necessità di ritrovare il “desiderio” per l’Europa, prima di aggiungere: “Il momentum europeo che dobbiamo ritrovare dipende dalla coppia franco-tedesca e la responsabilità è dal lato francese”. Era difficile immaginare un programma e una vetrina migliori, per Emmanuel Macron. E’ indubbiamente il passo più importante del liberale di Amiens, che tutti i sondaggi danno al secondo turno delle presidenziali francesi. Anche il momento è perfetto, elettoralmente parlando, all’indomani della débâcle del populista olandese Geert Wilders, sconfitto alle elezioni presidenziali dal premier uscente, il liberale Mark Rutte.

 

Quello di Merkel non è un endorsement, né tantomeno “un sostegno”, ma soltanto un incontro “informale confidenziale” per “curare le relazioni con la Francia”, aveva detto Berlino per giustificare il meeting. Tuttavia, non è sfuggito a nessuno che durante la campagna per le presidenziali francesi del 2012, l’allora candidato del Partito socialista, François Hollande, aveva invece ricevuto un secco “nein” dalla cancelliera tedesca, mentre con Macron i toni e gli atteggiamenti di Berlino sono stati fin da subito ben diversi. Finora, soltanto François Fillon, candidato dei Républicains, aveva incontrato ufficialmente Angela Merkel (a fine gennaio, prima di essere funestato dagli scandali giudiziari legati ai presunti impieghi fittizi della moglie Penelope e di due dei suoi figli). Un meeting con Benoît Hamon, candidato in quota Partito socialista, non è nell’agenda della cancelliera, secondo la portavoce della Merkel, e ancor meno un incontro con la presidente del Front national, Marine Le Pen. Macron, in seguito allo scoppio del Penelopegate che sta travolgendo Fillon e tutta la destra neogollista, è visto da Angela Merkel come l’unico baluardo in grado di arrestare l’ondata frontista, che potrebbe abbattersi su Parigi con conseguenze nefaste per la sopravvivenza dell’Unione europea. La cancelliera non lo dice in pubblico, ma lo pensa e lo dice in privato. I suoi sodali, invece, non si nascondono più. “François Fillon è in un tunnel. Abbiamo l’impressione che Emmanuel Macron sia l’ultima cartuccia per la Repubblica”, ha commentato al quotidiano economico Echos un membro della Cdu. Un altro dirigente della formazione cristiano-democratica, in forma anonima, ha dichiarato a Libération di sentirsi “più vicino” a Macron che a Fillon su numerose tematiche.

 

Oltre a essere considerato come unico candidato in grado di scongiurare la vittoria di Marine Le Pen, ipotesi che terrorizza gli attori economici tedeschi, Macron non è più il “wunderkind” di un governo che non fa le riforme, come lo aveva definito la stampa tedesca quando era al ministero dell’Economia, bensì un candidato credibile. “Oggi Emmanuel Macron è preso sul serio in Germania. La sua volontà di voler rendere la Francia credibile facendo delle riforme fa eco alle preoccupazioni tedesche”, ha spiegato all’Afp Claire Demesmay, politologa al German Institute for International and Security Affairs di Berlino. Le proposte del candidato di En Marche!, riforma del mercato del lavoro, dell’educazione e della formazione nel rispetto della soglia del 3 per cento sul rapporto deficit/pil, sono “germano-compatibles”, dicono gli osservatori.

 

Alla stregua delle sue posizioni apertamente proeuoropeiste, in favore di un’Europa più forte e di un’integrazione più avanzata tra i paesi membri. Il meeting tra Macron e la Merkel, dietro cui, secondo alcune indiscrezioni, ci sarebbe anche un grande lavoro diplomatico dell’Eliseo, rompe così quella tradizione che consisteva nel vedere i leader dei “partiti fratelli”, come scrive Libération, sostenere il candidato del proprio campo. Cade così anche l’ultima certezza di Fillon, quella di aver un legame esclusivo con Berlino e con Angela Merkel.

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