Che Europa sarebbe senza "Nutelle"?

Luca Gambardella

Al Consiglio Ue si litiga anche per la crema di nocciole più famosa al mondo. I paesi dell'est contro le multinazionali perché, dicono, da loro vendono prodotti più scadenti con lo stesso nome

Roma. Al Consiglio europeo che ieri ha confermato Donald Tusk alla presidenza dell'Ue, i paesi dell'Europa orientale sono stati i protagonisti. Dopo che il governo polacco ha minacciato tutto il giorno di far slittare il voto, è stata la volta del'“affaire Nutella". Il gruppo di Visegaard – che include Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca – ha insistito con il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, affinché nelle conclusioni finali del Consiglio fosse inserita una frase di appena due righe che riguarda anche la crema alla nocciola più famosa al mondo. Il testo recita che "il Consiglio europeo accoglie la decisione della Commissione di risolvere il problema della doppia qualità degli alimenti nel mercato interno". Non è la prima volta che i paesi del blocco orientale sollevano la questione della "dual quality" di alcuni cibi e bevande, la prova, dicono, del fallimento della politica alimentare dell'Ue.

 

Il problema sollevato dal gruppo di Visegaard (sostenuto anche da Romania, Bulgaria e Slovenia) è che diversi cibi prodotti da grandi multinazionali – tra queste Coca Cola, Ferrero, Bahlsen, Igloo – e in commercio in questi paesi contengono ingredienti di qualità più scadente rispetto a quelli venduti nel resto d'Europa. In pratica, la Nutella che mangiano i francesi ha un sapore e una qualità diversi rispetto a quella commercializzata a Varsavia. I primi a verificare la faccenda sono stati gli slovacchi che hanno analizzato in laboratorio 22 prodotti di grandi multinazionali dimostrando che gli ingredienti erano diversi rispetto a quelli usati in Austria. Le analisi condotte sui bastoncini di pesce Igloo, per esempio, hanno dimostrato che mentre in Slovacchia si usa il 58 per cento di pesce, in Austria se ne usa il 65. Anche la composizione della Nutella è diversa al punto che a Vienna è molto più cremosa e spalmabile rispetto a quella venduta a Bratislava. E poi c'è la Coca Cola: quella venduta in Ungheria è molto più ricca di zuccheri rispetto a quella austriaca.

 

In tempo di grandi fraintendimenti politici in Europa, la questione del'“affaire Nutella" ha avuto una notevole risonanza mediatica e si è prestata ad alimentare le polemiche sull'ennesima distanza incolmabile tra i paesi membri. Ieri Politico Europe ha titolato un articolo "Benvenuti nell'Europa multi-Sprite", giocando proprio con la definizione tornata in auge di recente di un'Europa a più velocità.

 

Ma intanto l'industria minimizza e l'organizzazione europea della FoodDrinkEurope ha diffuso un comunicato in cui assicura che gli ingredienti utilizzati rispettano comunque i parametri stabiliti dalle norme europee, che la qualità di un prodotto è "un parametro soggettivo" e che "quello considerato in un paese un cibo di 'bassa qualità' potrebbe essere visto come una 'prelibatezza' in un altro". Inoltre, "le compagnie prendono in considerazione le preferenze dei gusti dei consumatori nei vari paesi" e per questo possono esserci delle varianti. Insomma, sostiene l'industria, se i consumatori dell'Europa occidentale preferiscono che la Nutella sia più cremosa di quanto non facciano quelli ungheresi, i produttori cercano di rispondere ai gusti del mercato e agiscono di conseguenza.

 

D'altra parte c'è chi ritiene che tutelare la libertà di scelta delle imprese nella scelta degli ingredienti possa nuocere ai consumatori. Tra questi c'è la commissaria europea alla Tutela dei consumatori, la ceca Vera Jourova, che si batte da tempo contro il "dual food". La questione dei diversi ingredienti usati negli alimenti attiene, dice la commissaria, la salvaguardia dei diritti dei consumatori che devono essere correttamente informati. Il rischio potrebbe essere quello di trarre in inganno i consumatori dell'est Europa, convinti che comprando una lattina di Coca Cola, un marchio conosciuto ovunque, avranno una bevanda identica a quella commercializzata altrove.

  

Ma la legge europea non impedisce in alcun modo ai produttori di usare ingredienti diversi per gli stessi prodotti venduti in più paesi. La normativa alimentare dell'Ue prevede solo il principio generico di fornire ai consumatori le informazioni necessarie per scegliere liberamente i prodotti e di "prevenire pratiche che potrebbero trarli in inganno". Lo scorso febbraio, il Consiglio di Bruxelles ha ricevuto una nota dai governi di Slovacchia e Ungheria in cui si chiede di riaprire la discussione per modificare la legge. Così, la Jourova ha ottenuto che la questione del "dual food" fosse affrontata a giugno alla riunione di un forum di alto livello (High Level Forum for a Better Functioning Food Supply Chain), una commissione che include funzionari dei governi e rappresentanti dell'industria. Considerando che l'unica via d'uscita sarebbe una revisione della normativa alimentare, la prospettiva di una conclusione in tempi rapidi è piuttosto improbabile, dato che gli interessi dell'industria difficilmente convergono sulla standardizzazione della legge. "Non abbiamo bisogno di nuove leggi", ha chiarito il ministro dell'Agricoltura tedesca, Christian Schmidt, "non abbiamo bisogno di una agenzia europea di controllo sulla Nutella". Il caso della crema di nocciole rischia allora di trascinarsi ancora a lungo.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.