Discorso del Presidente turco Erdogan al Palazzo Presidenziale di Ankara (foto LaPresse)

Erdogan accusa l'occidente di sostenere l'Isis e ha un piano per restare in carica fino al 2029

Enrico Cicchetti

Secondo il presidente turco Europa e Stati Uniti armano i jihadisti. E riguardo alla riforma istituzionale, le prime indiscrezioni parlano di due vicepresidenti e rottamazione del premier.

"L'occidente sostiene e arma l'Isis". Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha lanciato dal Pakistan, dove è in visita, un'accusa molto pesante a Europa e Stati Uniti. Erdogan ha parlato di fronte alle due Camere del Parlamento riunitesi in occasione della visita del presidente turco in Asia centrale, che nei prossimi giorni toccherà anche l’Uzbekistan, allo scopo di rafforzare i rapporti bilaterali con i due paesi. Erdogan ha voluto ringraziare Islamabad, per essere stato il primo paese a manifestare solidarietà ad Ankara in seguito al colpo di stato dello scorso 15 luglio, orchestrato – secondo la tesi del governo turco – dagli uomini del miliardario e imam Fetullah Gülen, la cui organizzazione è definita da Ankara "una minaccia per tutto il mondo". Erdogan ha accusato l'occidente di essere "al fianco" dello Stato islamico e di essere "l'origine" degli armamenti utilizzati dagli uomini del Califfato. "Stiamo lottando contro l'Isis perché nessuno ha danneggiato l'islam come costoro", ha aggiunto il presidente turco.

Nel suo discorso al Parlamento di Islamabad, Erdogan ha fatto appello all'unità tra i paesi islamici e ha affermato: "Fazioni terroristiche stanno colpendo l'islam e i paesi islamici. Combattiamo contro di loro in Siria e Iraq. Anche il Pakistan combatte contro queste organizzazioni. Uniti, i musulmani possono contrastarli con forza”.

 

 

Mentre Erdogan lanciava strali contro l’occidente, ad Ankara il ministro per le Politiche forestali, Veysel Erdoglu, in una dichiarazione rilasciata all'agenzia di stato Anadolu, ha rivelato dettagli sulla strada che la Turchia sta intraprendendo in direzione del presidenzialismo. Secondo Erdoglu la possibilità che la riforma istituzionale preveda due vicepresidenti, come anticipato mercoledì dallo stesso presidente Erdogan, e possa comportare l'eliminazione della figura del premier si fa sempre più chiara. Quest'ultimo è un dettaglio inedito, non di poco conto.

La via che la Turchia sta seguendo sarebbe quella del modello statunitense, "ma con due vicepresidenti, invece di uno", con una devoluzione di poteri in capo al presidente della Repubblica che la avvicinerebbe invece alla Francia, o alla Russia. Incassato il parere favorevole da parte degli ultranazionalisti del Mhp, il partito del presidente avrebbe i numeri per far passare la riforma in Parlamento, passo necessario per accedere alla consultazione popolare rispetto al quale il presidente turco si sente sicuro del sostegno del "suo popolo". Il referendum, secondo Erdoglu, potrebbe avere luogo già nella prossima primavera.

Per i repubblicani del Chp, principale partito di opposizione, questa riforma sarebbe "una transazione verso un regime". Secondo il quotidiano Hurriyet, se le elezioni dovessero tenersi come previsto nel 2019, a riforma compiuta Erdogan vedrebbe il proprio orizzonte politico esteso fino al 2029.