James Mattis, segretario alla Difesa degli Stati Uniti (foto LaPresse)

Dopo il caso Flynn la confusione alla Casa Bianca contagia gli alleati della Nato

Luca Gambardella

Mattis ribadisce che gli altri paesi dell'Alleanza atlantica devono aumentare i fondi per la Difesa. Ma in Europa le parole degli americani cominciano ad avere un peso diverso rispetto a prima

Roma. "L'America non può prendersi cura della sicurezza dei vostri figli più di quanto facciate voi stessi". Da Bruxelles, alla riunione dei rappresentati dei paesi Nato, il segretario americano alla Difesa, James Mattis, ha ribadito così la richiesta che già da tempo gli Stati Uniti rivolgono all'Europa, quella di aumentare le spese militari. Poco dopo aver dichiarato che la Nato rimane un "pilastro fondamentale" della cooperazione transatlantica, Mattis ha avvertito gli alleati che se non dovessero incrementare le rispettive spese nazionali per la Difesa, Washington potrebbe "moderare il suo impegno" nell'Alleanza atlantica. Il segretario ha anche fatto riferimento ai "contribuenti americani" che non possono più addossarsi "una fetta sproporzionata della difesa dei valori occidentali". Mattis ha riproposto quanto il presidente americano Donald Trump ha già ripetuto più volte nel corso della sua campagna elettorale: il due per cento del pil nazionale è la soglia minima sotto la quale gli alleati non possono scendere nello stanziare fondi alla Difesa.

 

Ma alla vigilia della riunione della Nato, il think tank dell'International Institute for Strategic Studies (IISS) ha pubblicato un report in cui si spiega che persino il Regno Unito di Theresa May – prima alleata occidentale di Trump – non ha rispettato, seppur di poco, la promessa di aumentare il budget destinato alla Difesa. La spesa complessiva di Londra nel 2016 si è fermata all'1,98 per cento del pil, un dato che ha sollevato polemiche a Londra nei confronti di May, che appena qualche giorno prima, dopo la sua visita alla Casa Bianca, aveva promesso a Trump uno sforzo maggiore da parte di Londra e degli altri alleati europei. Oggi però la premier britannica non gode di crediti particolari tra gli altri paesi dell'Ue e da mesi la Germania ha aumentato i suoi sforzi verso un'unione della Difesa europea, seppure ancora in forma embrionale.

 

L'arrivo di Mattis a Bruxelles è rimasto offuscato dalle dimissioni del consigliere per la Sicurezza Michael Flynn in seguito ai suoi rapporti intrattenuti con la Russia. La confusione generata nell'Amministrazione Trump ha contagiato anche Bruxelles, dove le accuse rivolte a Flynn – che è il terzo uomo di Trump a lasciare per avere avuto rapporti poco chiari col Cremlino dopo Paul Manafort e Carter Page – preoccupano molto. Ieri Mitchell Protero ha riportato su Buzzfeed una serie di dichiarazioni rilasciate da alti diplomatici europei che sono emblematiche della poca chiarezza nei rapporti tra Washington e Bruxelles in questo momento: "Speravo fossi tu a potermi spiegare cosa cazzo sta succedendo lì", ha risposto al giornalista un funzionario dell'intelligence europea. Quello che preoccupa gli alleati in particolare è la mancanza di chiarezza da parte degli Stati Uniti nelle loro relazioni con la Russia, proprio mentre la Nato ha rafforzato il suo contingente sul fronte dell'Europa orientale per arginare le minacce di Vladimir Putin. "Ci ripetono che non cambierà nulla", ha detto un altro funzionario europeo, "ma questo è smentito dalle dichiarazioni ufficiali a livello politico che ci lasciano con le stesse domande: chi mette in pratica questa politica? Che politica è? Quanto possiamo fidarci?".

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.