Fayez al Serraj (foto LaPresse)

Dietro la lacerazione libica

Redazione

Le trattative saltate tra Serraj e Haftar e la riconciliazione fallita

Il fallimento prima ancora di iniziare delle trattative sul futuro della Libia, tra il primo ministro designato Fayez al Serraj e il generale Khalifa Haftar, padrone della Cirenaica sostenuto dalla Russia e dall’Egitto, è un segnale preoccupante del fatto che i tentativi di riconciliazione e di stabilizzazione della Libia rischiano di franare definitivamente. Da settimane, come raccontato su queste colonne, l’Italia ospita e organizza colloqui tra le due parti in contrasto per cercare di giungere a una soluzione condivisa ed evitare il crollo completo del debole governo di Serraj, malvisto perfino dalle milizie di Tripoli sue alleate. Roma ha sostenuto Serraj con tutto il suo peso diplomatico, e a lui ha affidato i destini dell’accordo appena raggiunto – e già duramente contestato – sul controllo dell’immigrazione. I colloqui annunciati al Cairo sembravano un passo deciso in direzione della riconciliazione, anche perché erano il segnale che l’Egitto del rais Abdel Fattah al Sisi fosse pronto a spendersi per un accordo. Alla fine, però, Haftar ha rifiutato le proposte di un governo condiviso e di un incarico da ministro della Difesa avanzate dal primo ministro, e non ha voluto vedere né lui né – così dicono i media locali – lo stesso al Sisi, in un incontro organizzato in extremis: uno schiaffo grave per l’alleato egiziano. I due progetti politico-militari del governo di Tripoli e dell’enclave di Haftar sembrano incompatibili, e questo, oltre che la Libia, danneggia la comunità internazionale, con l’Italia in prima fila, impegnata nel tentativo difficile di districare il paese dalle pretese di due leader poco affidabili.

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