Kim Jong-nam fratellastro del dittatore nordcoreano Kim Jong-un a Pechino

La triste vita di Kim Jong-nam, nascosto e poi ripudiato dal regime

Giulia Pompili

La madre morta sola a Mosca e il figlio ventiduenne

Roma. La storia che tutti ricordano di Kim Jong-nam, ucciso lunedì scorso all’aeroporto di Kuala Lumpur in circostanze ancora da chiarire, è quella di Disneyland: nel 2001 stava per uscire dall’aeroporto di Narita, a Tokyo, con suo figlio di sei anni e due donne, con un falso passaporto della Repubblica domenicana. Una soffiata dei servizi di sicurezza sudcoreani, pare partita direttamente dai fratelli minori di Kim Jong-nam, aiutò i giapponesi a individuarlo (viaggiava con lo pseudonimo di Pam Xiong, che in mandarino vuol dire “orso grasso”). Fu espulso e riaccompagnato in Cina, all’aeroporto di partenza, dove tentò di giustificare la sua visita in Giappone con il desiderio di andare a visitare il parco giochi della Disney di Tokyo. In seguito si scoprì che Kim Jong-nam aveva viaggiato spesso tra Pyongyang e la capitale giapponese (dove frequentava il quartiere a luci rosse di Yoshiwara), e quello fu un colpo enorme per l’immagine dell’élite nordocoreana. Da preferito e probabile successore della dinastia dei Kim, sembra che proprio nel 2001 la possibilità che prendesse il posto del Grande Successore si fosse allontanata irrimediabilmente. E’ allora che Kim Jong-nam fu esiliato, e si stabilì a Macao, il paradiso del gioco d’azzardo cinese.

 

Il fatto è che la vita di Kim Jong-nam, primogenito di un giovane Kim Jong-il, non è mai stata facile. Nato nel 1971 a Pyongyang da una relazione che Kim Il-sung osteggiava, per anni la sua esistenza fu tenuta nascosta. Sua madre era Song Hye-rim, celebre attrice nordcoreana, tra le figure più belle di tutta questa vicenda che somiglia a un romanzo di spionaggio, come quasi tutto quel che riguarda la Corea del nord. Kim Jong-un si innamorò di Hye-rim sul finire degli anni Sessanta, una notte del maggio del 1971 entrò in casa dei Song e confessò di aver messo incinta Hye-rim. Lei era già sposata, e fu costretta a divorziare dal primo marito. La sua migliore amica, Kim Young-soon, passò dieci anni in un campo di lavoro perché aveva saputo della relazione.

 

Non è chiaro esattamente quando Kim Jong-il perse interesse nei confronti della fidanzata: all’inizio degli anni Ottanta Song Hye-rim iniziò a viaggiare spesso verso Mosca dove, nel frattempo, il figlio Jong-nam era stato spedito a studiare, e nel 1996 era a Ginevra quando sua sorella e sua nipote sparirono nel nulla. Tornò a Pyongyang per evitare di attirare l’attenzione fino a quando l’ultima fiamma di Kim Jong-il, Ko Yong Hui, convinse il leader a sbarazzarsi della prima moglie. Si stabilì in Russia, dove morì nel 2002. La zia materna di Kim Jong-nam, Song Hye-rang, che oggi ha ottantadue anni e vive sotto protezione in Europa, fu per un breve periodo la tutrice di Kim Jong-nam.

  

Raccontò la sua storia e quella di sua sorella in una autobiografia pubblicata nel 2001 e in una famosa copertina del Time del 2003. La stampa internazionale si ricordò di lei quando due uomini spararono alla testa del figlio maschio, Yi Han-yong, che ormai aveva una vita quasi ordinaria a Seul.

  

Ufficiali dell'ambasciata nordcoreana lasciano il Kuala Lumpur General Hospital, dove si trova il corpo di Kim Jong-nam in attesa dell'autopsia (foto LaPresse)


  

Quello che accadeva pochi anni fa non è molto diverso dalla Corea del nord contemporanea. Kim Jong-nam – che la maggior parte dei nordcoreani considera morto già da tempo, e per questo Seul ha deciso di dare la notizia della sua uccisione attraverso gli altoparlanti posizionati al confine – era un uomo estremamente solo, che non avrebbe mai voluto diventare il leader di Pyongyang. Il suo vizio di viaggiare all’estero e soprattutto il problema di sua madre, che sembrava una scheggia impazzita e mai aveva giurato fedeltà al regime, lo fecero diventare la pecora nera della famiglia. Jong-nam era di casa a Macao da anni, restò lì fino al 2010 quando si spostò a Singapore: una spia nordcoreana catturata nel 2012 confessò di averlo cercato due anni prima per ammazzarlo. Kim Jong-nam scrisse una lettera al suo fratellastro Kim Jong-un per chiedere di essere lasciato in pace, dopo pochi mesi il leader nordcoreano ordinò l’esecuzione del comune zio, Jang Song Thaek.

 

Mercoledì NkNews è riuscita a dimostrare l’autenticità della pagina Facebook di Kim Jong-nam, che usava il nome di Chol anche sui documenti. Sul social network, pressoché sconosciuto ai nordcoreani, si vedono alcune fotografie da Macao e dall’Europa, e molti contatti in tutto il mondo, comprese persone dalla Corea del sud e dal Giappone. Nel 2010 il quotidiano Chosun disse che era un assiduo frequentatore dei bar sudcoreani di Macao. Quale uomo che teme per la sua vita ha un profilo online e si fa vedere così spesso in giro? Un uomo solo.

 

Ma una speranza per questo ultimo fazzoletto di terra socialista e impazzita, forse, c’è. Il nipote di Kim Jong-il, primogenito di Kim Jong-nam, è Kim Han-sol. Oggi ha ventidue anni, parla un perfetto inglese e studia Scienze Politiche a Le Havre, in Francia. Non ha mai avuto paura di dichiarare pubblicamente la sua contrarietà al regime. È sotto protezione internazionale dal 2013.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.