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Stritolata tra Trump e Putin, l'Europa sente la sveglia liberale e abbandona il suo torpore. Occhio alla bolla

Paola Peduzzi

L’istinto di sopravvivenza europeo non è mai stato tanto vivace. Ma per essere costruttiva l’alternativa agli emuli trumpiani non deve essere solo retorica

Milano. Così Trump salverà l’Europa, titola un paper dell’European Council on Foreign Relations: “salverà” suona forse un po’ eccessivo, qui di salvezza se ne vede ancora pochina, ma è vero che l’istinto di sopravvivenza europeo non è mai stato tanto vivace. “Ironicamente, un presidente americano euroscettico e il suo alleato al Cremlino possono fornire all’Europa la spinta di cui ha bisogno per risolvere le sue crisi più grandi”, scrivono gli autori, parlando di solidarietà, di difesa comune, di stabilizzazione dei confini europei, e citando come segnale positivo l’ascesa di Emmanuel Macron in Francia, con le sue bandiere europee ai comizi elettorali assieme a quelle francesi.

 

Lo spirito di solidarietà, che si era annientato con le “exit” paventate o effettive – la Grexit che ancora aleggia indefessa e la concretissima Brexit – e con la crisi dei migranti, è tornato a dominare i discorsi di molti leader europei, accompagnato da un ultimatum: è una questione di sopravvivenza, per tutti. Non ci si può distrarre con gli annunci, perché si rischia di rimanere stritolati tra l’indifferenza di Trump e il piano sovversivo, mediatico e politico, di Vladimir Putin. C’è il rischio, come spesso accade in Europa, di crederci fin troppo, di passare dalla bolla del discontento a un’altra, quella in cui ci si convince che l’Europa ce la farà di sicuro, quasi per magia, fino alla prossima, non lontana doccia gelata. Ma gli appelli-sveglia si moltiplicano, la commissaria al Commercio Cecilia Malmström che dice ai messicani di rivolgersi all’Ue se con l’America ci sono dazi e muri è l’espressione perfetta di questo spirito: per una volta, il vuoto americano lo può riempire l’Europa.

 

Il capo di gabinetto di Angela Merkel, Peter Altmaier, ha scritto su Twitter due giorni fa che siamo di fronte a “un’enorme chance” per promuovere i valori occidentali, “stato di diritto, libertà, democrazia, solidarietà e pace – oggi il modello europeo è più necessario e più invitante che mai prima d’ora”. Altmaier echeggia le parole della cancelliera tedesca, che ancora ieri in visita a Varsavia dall’euroscettico Jaroslaw Kaczynski (filotrumpiano ma antirusso, posizione poco invidiabile), ribadiva la volontà di rispondere alle pressioni distruttive sull’Europa con uno slancio europeista più forte. Il premier estone, Jüri Ratas, ha detto a Bloomberg che ci sono divergenze all’interno dell’Unione europea, ma “lo spirito di gruppo e l’interesse comune sono diventati molto potenti” in questo contesto “così incerto sulle politiche e sui nostri partner globali”. “L’Europa, nonostante gli eventi recenti, deve giocare un ruolo ambizioso nel continente e nel mondo”, aveva dichiarato qualche giorno prima il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker.

 

La sveglia è quindi suonata nell’Unione europea, ma il risveglio è tutto da organizzare, un po’ come avviene con l’opposizione in America al presidente ingestibile e “un-american”. C’è chi rifiuta la presidenza Trump nella sua interezza. Lo Spiegel paragona il nuovo inquilino della Casa Bianca a Nerone e lo mette in copertina, ironia nera, con un coltellaccio in una mano e la testa della Statua della libertà nell’altra, andando un po’ troppo oltre: Trump sbaglia quando fa l’equivalenza morale tra l’America e la Russia, ma altrettanto inadeguata è l’equivalenza morale tra un presidente americano e uno jihadista. C’è chi si muove in modo preventivo: Trump è “razzista” e “sessista”, ha detto lo speaker dei Comuni britannici Bercow, non può parlare in quest’Aula,  anche se Trump non ne aveva fatto nemmeno richiesta. Il rischio di non essere efficaci, di non approfittare seriamente dell’occasione, è alto: il risveglio europeo può essere costruttivo se l’alternativa liberale agli emuli trumpiani sul continente non è soltanto retorica.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi