Il premier libico Serraj stringe la mano al presidente del Consiglio europeo, Tusk (foto LaPresse)

L'Ue vuole chiudere la rotta libica dei migranti per battere l'onda populista

Luca Gambardella

La rinascita europea, secondo Tusk, deve ripartire dal controllo delle frontiere esterne per evitare che i partiti nazionalisti speculino ancora sul tema dell'accoglienza. Ma il premier di Tripoli ha troppa poca autorità per rendere efficace qualunque accordo

Roma. L'Unione europea vuole chiudere le vie di accesso ai migranti irregolari che attraversano il Mediterraneo e arrivano dalla Libia all'Italia per scongiurare che i movimenti populisti e nazionalisti del continente speculino ancora sul tema dell'accoglienza. Nell'agenda post Brexit dell'Ue, la rinascita europea deve ripartire dalla difesa dei confini esterni e il tema dell'immigrazione può diventare quello su cui rilanciare il progetto di integrazione. Lo ha ripetuto oggi da Bruxelles il presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, che ha incontrato il premier libico Fayez al Serraj.  "L'Ue ha dimostrato di essere capace di chiudere le rotte ai migranti irregolari, come ha fatto nella rotta del mediterraneo orientale. Ora è tempo di chiudere la rotta dalla Libia all'Italia. Ho parlato a lungo col premier Gentiloni ieri e posso assicurare che possiamo riuscirci – ha detto Tusk – quello che serve è la piena determinazione a farlo. Lo dobbiamo prima di tutto a chi soffre e rischia la vita, ma lo dobbiamo anche agli italiani e a tutti gli europei". Il presidente del Consiglio europeo ha ribadito così al premier libico quanto ha già scritto ai paesi membri dell'Ue martedì scorso, nella lettera in cui li ha convocati al summit previsto per domani a Malta e in cui si attendono decisioni importanti sul tema dell'immigrazione.

 

In quel documento, Tusk ha sottolineato come la sicurezza debba essere il primo settore su cui l'Ue si esprime con una sola voce, con obiettivi condivisi, approfittando del "crescente multipolarismo che anima il mondo". Trump, Cina, Russia, terrorismo islamico e populismo, secondo Tusk, sono minacce che rischiano di far crollare il progetto europeo. "Mostriamo al mondo il nostro orgoglio europeo", ha scritto il presidente, che per l'occasione ha anche rispolverato il motto americano "United we stand, divided we fall". Orgoglio a parte, resta da vedere come questo rinnovato sforzo comune si concretizzerà tra il vertice di domani e quello del prossimo 25 marzo a Roma, in occasione dei 60 anni dalla firma del Trattato di Roma.

 

Le prime indiscrezioni sulle cifre dell'impegno europeo alla lotta all'immigrazione irregolare parlano di 400 milioni di euro. 200 li dovrebbe versare direttamente Bruxelles entro il 2017 per rafforzare la guardia costiera libica mentre gli altri 200 arriveranno dai paesi membri, ma su questa seconda tranche bisognerà capire sotto quale forma e con quale tempistica. Secondo Bruxelles, l'accordo che l'Ue intende raggiungere con Tripoli non dovrebbe però replicare quello sottoscritto l'anno scorso con la Turchia e il commissario dell'Ue agli Affari interni, Dimitris Avramopoulos, ha già avvertito che "la Libia non è la Turchia" e che l'accordo siglato con Ankara per bloccare il flusso dei migranti nei Balcani "non può essere replicato in Libia".

 

Quel che sembra certo è che la Nato dovrebbe confermare il suo impegno a sorvegliare le rotte nel Mediterraneo. Ieri, il primo vertice bilaterale tenuto da Serraj a Bruxelles è stato col segretario generale dell'Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg e in quell'occasione il premier di Tripoli, sostenuto anche dall'Alto rappresentante dell'Ue Federica Mogherini, si è detto disposto ad autorizzare le navi della Nato a operare entro le acque territoriali libiche per intercettare le rotte dei trafficanti.

 

 

Ma l'effettiva capacità del governo libico di assumersi qualsiasi impegno con l'Ue resta improbabile e l'autorità di Serraj è di fatto limitata alla sola Tripoli. Anche se lo Stato islamico ha perso il controllo di Sirte, il Califfato continua a minacciare attentati in Europa, mentre il paese è diviso tra la Tripolitania, dove il governo di Serraj è sostenuto dalla comunità internazionale, e la Cirenaica, controllata invece dal generale Khalifa Haftar, sponsorizzato dalla Russia. Proprio qui, nell'est del paese, il sentimento anti-italiano è sempre più forte e si rinnovano da tempo denunce e proteste contro le aspirazioni "neo-coloniali" di Roma e dell'Europa. Così, se l'Ue dovesse concludere un accordo con Serraj, il rischio è che una parte consistente della Libia faccia di tutto per renderlo inefficace.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.