Un visitatore al museo Thyssen (foto LaPresse)

Una baronessa spagnola vuole togliere al museo Thyssen di Madrid i suoi capolavori

Silvia Ragusa

La baronessa Thyssen ha debiti e una lunga contesa con il fisco, e vuole riprendersi i quadri concessi dal defunto marito al museo: cinquecento opere, tra cui Renoir, Monet, Canaletto

Essere ricca non è facile, ribadiva Tita Cervera. O meglio la baronessa Carmen Thyssen-Bornemisza. A Madrid nessuno dimentica quell’intervista – diventata subito trend topic – che Tita, nata María del Carmen Rosario Soledad Cervera Fernández de la Guerra, rilasciava la scorsa primavera al quotidiano Cinco Días. La popolare nobildonna di origini catalane da tempo si sente tradita, vituperata, amareggiata dallo stato spagnolo, lo stesso che 24 anni fa l’aveva magnificata come eccelsa filantropa. A lei o per la precisione al marito, il fu barone Heinrich Thyssen-Bornemisza, tra i più grandi collezionisti d’arte al mondo, è dedicato il museo che sorge proprio di fronte al Prado: il quartier generale, nel pieno centro di Madrid, riceve ogni anno oltre un milione di visite e rientra tra i 20 musei più frequentati al mondo.

 

Tita però adesso minaccia (a dirla tutta per l’ennesima volta) di smantellare la sua collezione privata. Colpa del fisco iberico che da anni sembra perseguitare lei e il suo primogenito Borja. “E’ stato orribile. Eravamo attraccati al porto di Ibiza, pieno di gente, in bikini, alle sei del pomeriggio, quando tutti rientrano con gli yacht, ed è arrivata la Guardia Civil. Non sapevo come spiegarmelo...”, raccontava terribilmente offesa a El País. Quell’ispezione fiscale, avvenuta nel 2011, le costò ben 2,5 milioni di euro.

 

Da allora è guerra aperta con il ministero delle Finanze. La vedova, che ha nazionalità svizzera e risiede ad Andorra, parla di ostinata persecuzione. Il fisco invece reclama le tasse dovute, dato che per legge chi vive nel territorio spagnolo più di 183 giorni è considerato a tutti gli effetti cittadino come gli altri. Poi c’è quell’inghippo venuto fuori con i Panama papers: una società offshore alle Cayman che, per l’avvocato di famiglia, le autorità spagnole “conoscono perfettamente”. Un altro grave affronto per l’eccentrica mecenate, accusata dalla Spagna di essere una qualunque volgare evaditrice.

 

Lei, ex miss Spagna, vedova di Tarzan (l’attore Lex Barker), copertina dei più noti rotocalchi iberici, attrice fallita e rovinata, infine baronessa, rivendica di aver convito il multimiliardario marito a trasferire la collezione d’arte a Madrid. “Perfino Margaret Thatcher mi ricorda nelle sue memorie: se non fossi stata spagnola, la collezione sarebbe rimasta in Inghilterra”, ripete con orgoglio ad ogni sua apparizione pubblica, quando al contempo lancia i suoi anatemi al paese.

 

Scaduto il 31 gennaio l’accordo sul prestito gratuito della collezione, la vedova Thyssen torna alla ribalta, minaccia di ritirare le opere di sua proprietà (429 tele stimate circa 750 milioni di euro) e di trasferirle all’estero, se non si trovasse un compromesso adeguato. Il ministro della Cultura Iñigo Méndez de Vigo ha replicato che le difficoltà nel raggiungere un accordo sono dovute al fatto che la baronessa “ha chiesto un cambiamento” nello status delle opere prestate. Una trattativa per nulla semplice, anche perché per Hacienda il figlio ha un debito di 1,4 milioni di euro e rischia tre anni di carcere per aver dichiarato, falsamente, di risiedere ad Andorra. “E’ terribile”, tuonava Tita davanti alle telecamere, “dare un dispiacere così grande ad una madre…”.

 

Secondo alcuni analisti però quello che la baronessa vuole realmente è trasformare la collezione privata in contanti, spinta proprio dal primogenito che vorrebbe ricevere già una fetta d’eredità. D’altronde Tita più volte ha lamentato pubblicamente di non disporre di liquidità e che il suo patrimonio si sostiene solo sulle opere d’arte e le proprietà immobiliari. Una mancanza di denaro sonante che nel 2012 la obbligò a vendere all’asta The Lock (L'esclusa) del paesaggista inglese John Constable per 27 milioni di euro, e nel 2015 Villa Favorita, il palazzo di Lugano che aveva ereditato dal barone, per circa 60 milioni.

 

Qualunque siano le ragioni, per la Spagna sarebbe una brutta batosta: il Thyssen rischierebbe di perdere gran parte del suo fascino. Il nucleo della collezione della baronessa è la pittura olandese del XVII secolo, il vedutismo italiano, il paesaggismo naturalista, francesce e americano, l’impressionismo, il post-impressionismo e l’avanguardia. Come a dire Canaletto, Renoir, Monet o Gaugin potrebbero fare ritorno a Lugano, dove si trovavano fino al 1993. Tita ne disporrà le sorti prima del 30 aprile.

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