Ora di punta (foto di Hernan Piñera via Flickr)

L'ordine mondiale che va a rotoli

Adriano Sofri

Il contraccolpo del progresso ha messo l’occidente in guerra contro se stesso

L’occidente va a rotoli per aver ignorato una previsione elementare: che ogni progresso porta con sé un contraccolpo. Ci sono periodi più aperti ai progressi, in cui le reazioni devono mugugnare, digrignare i denti, mordere il freno. Arrivano periodi in cui i progressi mostrano la corda e le reazioni hanno accumulato impazienza e rabbia sufficienti a farle esplodere. L’islamismo è una di queste reazioni, oggi la più virulenta e aggressiva, perché viene dalle periferie dell’occidente e si contrappone frontalmente al suo modo di vita, vuole punirlo e cancellarlo.

Ma c’è un contraccolpo che è maturato nel centro stesso dell’occidente, covando a lungo nella frustrazione e nel risentimento, ed è alla fine venuto alla luce in modo dirompente. Chiamarlo populismo è in fondo ancora una mezza misura consolante. Certo, nella sua incubazione ha contato e conta decisivamente una paura che viene da fuori e ha le fattezze della migrazione prima e più che del terrorismo. Ma la sua sostanza si è trasferita in una rivolta dell’occidente contro se stesso. Importa il tempo di questa crisi. All’inizio della campagna presidenziale americana uno degli argomenti forti e indiscussi per la sicumera circa la vittoria di Hillary Clinton era quello demografico: i bianchi presto non saranno più maggioranza, il voto di afroamericani e latinos è sempre più decisivo, eccetera. I bianchi però non sono contenti di non essere più maggioranza fra poco, e intanto reagiscono: la loro pelle è stata venduta prima di averli presi. Backlash, credo che si chiami, il contraccolpo. Anche la pelle degli orsi di provincia britannici era stata venduta troppo in fretta. E quanto profondamente scorra la reazione è appena oscurato dai futili motivi che provocano simili soprassalti e ne segnano gli esiti.

 

La sciocchezza leggera di Cameron che convoca il referendum per cavarsi d’impaccio, la sputtanatissima candidatura di un cialtrone americano che verrà davvero eletto, benché con tre milioni di voti in meno. Futili sono sempre le circostanze dei trapassi d’epoca, e oggi lo sono al punto di far rimpiangere il naso di Cleopatra. Futili abbastanza da avvertire che possono – ancora – essere contrastati e arginati nel confronto politico: resistibili ascese. Ma sotto la futilità spesso grottesca delle increspature di superficie passano correnti profonde presto destinate a farsi invincibili. E’ la partita dell’occidente contro l’occidente, e, come avviene sempre e oggi incomparabilmente di più, non si gioca in campo neutro, ma nel contesto fitto di altri attacchi. Il rimpianto della sovranità (che parola losca) è un contraccolpo, micidiale dove davvero si esercitava, buffonesco nelle marche dell’impero come l’Italia.

La sovranità degli Stati nazionali era messa in causa già dai diritti dell’uomo, che uscivano dalle loro leggi e le sovrastavano come la premessa, “Io sono il Signore Dio tuo” sta sopra e fuori dal decalogo. Più urgentemente poi la sovranità sarebbe stata limata dall’atomica e la minaccia potenziale che ne viene all’intera umanità, e poi ancora dalla coscienza della degradazione del pianeta, perché piogge radioattive e mutamenti di clima ed epidemie non si arrestano alle garitte di confine. Le limitazioni di sovranità sono altrettanti progressi favoriti, quando non prodotti esclusivamente, dalla democrazia. La democrazia, essendo un sistema nazionale o multinazionale, è essa stessa incrinata dai diritti universali, che ha avuto il merito di incubare e affermare. La democrazia ha votato dei diritti che non possono più essere messi ai voti: che dunque l’hanno espropriata, prima di quanto abbiano fatto gli eventi che vanno sotto il nome di globalizzazione.

E’ un paradosso della democrazia, magnifico e però per molti insopportabile. Insopportabile per il vastissimo numero di regimi che la detestano e la dichiarano inadatta ai propri popoli e prepotente. Insopportabile anche a una parte crescente dei popoli che vi vivono e ne godono, finché non vede la propria posizione relativa così minacciata da ribellarsi apertamente. Quello che è vero per i “bianchi americani”, che non saranno più maggioranza ma intanto, e proprio per questo, mandano a casa Hillary e mettono in sella Trump e Bannon, è vero in generale per l’occidente, che da sempre non è maggioranza, ma vede erodersi bruscamente la propria quota azionaria nel mercato mondiale della politica e corre a chiudere le porte. La libertà occidentale si ribella a se stessa usando intanto i suoi strumenti migliori, le elezioni, i referendum: poi si vedrà. Poi c’è il tracollo delle libertà dentro, la guerra fuori. La domanda è: quanto poi? L’occidente è pentito, di due opposti pentimenti. Uno attualissimo e contingente, così da mostrare che la partita è ancora aperta: è affannosamente pentito di aver riempito di fili spinati i suoi bordi, di aver votato la Brexit, di aver votato Trump, di aver lasciato ammazzare tutti quei siriani… Un altro profondo e pieno di futuro: di aver aperto i suoi confini, di aver unito le sue monete, di essersi legato le mani con lo stato di diritto e le sue regole.

 

L’occidente, come le donne perbene dei vecchi romanzi, è sedotto dagli avventurieri e dai malviventi. Vede che l’efficacia internazionale di Putin è una funzione del suo dispotismo interno e lo invidia. Prova a emularlo, ricanta la canzone della tortura, dei dazi al 40 per cento al Messico. Sta cedendo anche all’alibi del dispotismo cinese, che la democrazia e lo stato di diritto non si adattino alla Cina, come una pianta esotica e non acclimatabile. Del resto non c’è incubo peggiore per la stabilità mondiale di una primavera cinese. L’occidente si dice che lo stato di diritto è un proprio lusso meritato ed esclusivo, e non la promessa di un progresso universale: una opzione fra le altre, e per giunta che oggi mostri la corda anche a casa sua. Nei giorni scorsi mi sono divertito a vedere come ci si divincolasse, anche su queste pagine, fra la denuncia del modo “unamerican” della nuova storia trumpiana e la sua smentita. Come se non fossero sempre esistite due Americhe, e oggi il bilico non fosse diventato così estremo. Eva contro Eva. Che il contraccolpo si sia incarnato in un magnate della truffa e dello show è un amaro, meraviglioso, sordido capitombolo. And all the king’s horses and all the king’s men couldn’t put Humpty together again.