Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

Varoufakis lancia una terza (e vaga) “insurrezione”

Redazione

Serve un “internazionale progressista”, una “terza insorgenza che promuova un New Deal che funzioni in maniera uguale per americani ed europei” può essere la risposta allo scontro in corso

L’èra del neoliberismo è finita nell’autunno del 2008 con “il falò delle illusioni della finanziarizzazione del mondo”, ha scritto Yanis Varoufakis sul Guardian nel suo programma per “un’alternativa al nazionalismo trumpiano”. L’ex ministro delle Finanze greco, che ha lasciato il governo Tsipras in quanto non sufficientemente intransigente, da tempo si è fatto portavoce del risveglio del populismo di sinistra, con federazioni transnazionali e moltissime conferenze. Varoufakis sostiene che oggi lo scontro tra due movimenti di insorgenti sta forgiando l’occidente: da un lato ci sono i Trump, i Farage, le Le Pen, la cosiddetta “Internazionale nazionalista”, che ha conquistato tutte le attenzioni perché si è rivelata vincente, ma che in realtà non è niente, la sua “è una vittoria di Pirro che finirà per danneggiare le stesse persone che hanno ispirato gli insorgenti”; dall’altro c’è “l’insurrezione della tecnocrazia globale dell’establishment che ha l’unico obiettivo di restare al potere a qualsiasi costo” – il “Project fear” nel Regno Unito (quello per il “remain” al referendum), la Troika, Wall Street, la Silicon Valley e “l’apparato di sorveglianza negli Stati Uniti” sono la loro manifestazione più tangibile. Come è facile immaginare è questa seconda insurrezione che occupa ogni pensiero di Yanis Varoufakis, il quale è certo e convinto che i neoliberali siano tutti morti, sconfitti, uccisi dalle loro stesse aspirazioni – “hanno rinunciato all’aspirazione di persuadere o rappresentare qualcuno” – ma è altrettanto sicuro che questi non vogliano arrendersi, anzi: “Si sono concentrati a dare punizioni”.

L’ex ministro greco fa un elenco abbastanza ricco delle nefandezze messe a punto da un establishment morente in tutto l’occidente, non scampa nessuno, né gli inglesi, né gli americani, né naturalmente i greci. Ma quando si arriva alla parte costruttiva – che Europa vogliamo, come ci poniamo di fronte al trumpismo e ai supernazionalismi di destra – Varoufakis recupera parecchie delle “parole vuote” che Trump ha criticato dal pulpito del suo Inauguration day. Trump e i suoi alleati europei hanno dimostrato che questa insurrezione neoliberista e punitiva può essere fermata, “ma la risposta alla Waterloo del neoliberismo – scrive Varoufakis – non può essere il ritiro dentro a uno stato nazione barricato e la politica aspra della ‘nostra’ gente contro ‘gli altri’ con in mezzo muri e recinti elettrici”. Ci vuole altro, insomma, ma che cosa? Soltanto un “internazionale progressista”, una “terza insorgenza che promuova un New Deal che funzioni in maniera uguale per americani ed europei” può essere la risposta allo scontro in corso, scrive Varoufakis. Il progetto viene descritto così dall’ex ministro: “Abbiamo bisogno di ben altro rispetto a bei princìpi incontaminati dal potere. Dobbiamo voler andare al potere sulla base di una narrazione pragmatica che porti speranza attraverso l’Europa e l’America per quel che riguarda posti di lavoro, case popolari, sanità e istruzione”. Poi forse anche la pace nel mondo, o un po’ più di Trump.