Messico, Enrique Pena in conferenza con Donald Trump nel settembre 2016 (foto LaPresse)

Peña Nieto cancella l'incontro con Trump

Eugenio Cau

Il meeting era previsto per martedì, ma dopo l’ennesima provocazione trumpiana su Twitter il presidente messicano è stato costretto a rispondere duramente. La ragione della discordia? Ancora il muro

Enrique Peña Nieto, il presidente del Messico, ha meditato sulla possibilità di cancellare l’incontro bilaterale fissato con Donald Trump per martedì prossimo quando ieri il presidente americano ha firmato l’ordine esecutivo sulla costruzione del muro al confine sud. Ha resistito, e ha confermato l’incontro, ma Trump ha raddoppiato la posta. Con un paio di Tweet, The Donald ha accusato il Messico di approfittare degli accordi di libero scambio con gli Stati Uniti, e poi ha sganciato la bomba: “Se il Messico non vuole pagare per il muro di cui abbiamo un gran bisogno, tanto vale cancellare il prossimo meeting”. Poco dopo, Peña Nieto ha annullato l’incontro.

 

 

Anche Peña Nieto ha comunicato la sua decisione su Twitter: “Questa mattina abbiamo informato la Casa Bianca che non parteciperò alla riunione programmata per il prossimo martedì con il presidente”.

  

Sempre su Twitter, Peña ha scritto che il suo paese “rinnova la volontà di lavorare con il popolo degli Stati Uniti per ottenere accordi favorevoli per entrambe le nazioni”, ma al tempo stesso, cancellando l’incontro, ha lanciato due messaggi a Trump: il Messico non pagherà per il muro e non si lascerà influenzare dai tentativi di bullismo del presidente americano. I propositi sono decisi – e il fatto che un capo di stato rifiuti l’invito alla Casa Bianca di un presidente americano appena insediato è probabilmente un inedito – ma la posizione negoziale del Messico è molto debole. La gran parte della sua economia dipende dai rapporti commerciali con gli Stati Uniti, e ogni possibile rappresaglia economica congegnata da Città del Messico rischia di far più male in patria che a nord del confine.

  

Per questo molti strateghi, compreso il ministro dell’Economia messicano, hanno iniziato a meditare la possibilità di un passo radicale: uscire dal Nafta, l’accordo di libero scambio nordamericano che ha fatto le fortune del Messico (e non ha tolto lavoro agli statunitensi, come invece sostiene Trump) e iniziare a guardare altrove per trovare nuovi partner commerciali e strategici. I cinesi, che in questi mesi si sono fatti i portavoce della delusione internazionale scatenata da Trump, sono già pronti: oggi l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua consigliava al Messico di “guardare all’Asia”.

 

La risposta di Trump è arrivata dopo poche ore. La costruzione del muro lungo il confine tra i due paesi, che a seconda delle stime va da 12 a 15 miliardi di dollari, potrebbe essere finanziata con un imposta del 20 per cento applicata su tutte le merci prodotte in Messico e vendute in America. Lo ha annunciato il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, spiegando che Trump proporrà questa misura nell'ambito di un riforma più ampia "per cui il presidente è in contatto già con il Congresso".

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.