François Fillon (foto LaPresse)

Nella campagna elettorale francese iniziano gli scandali

Mauro Zanon

Inchieste sul lavoro fittizio della moglie di Fillon e sui fondi elettorali di Macron fanno entrare nel vivo la contesa per l’Eliseo

Parigi. E’ una spina nel piede che potrebbe guastare l’immagine di politico integro che gli aveva permesso di vincere le primarie del suo partito, Les Républicains (Lr), lo scorso novembre. François Fillon deve fare i conti col Canard Enchainé, che nell’edizione apparsa questa mattina nelle edicole francesi ha rivelato che sua moglie, Penelope, è stata remunerata per otto anni come assistente parlamentare, intascando in totale 500 mila euro, ma senza lasciare alcuna traccia all’Assemblea nazionale, fatto che ha alimentato i sospetti di impiego fittizio. Secondo il settimanale, che ha consultato le buste paga di Penelope Fillon, quest’ultima avrebbe ricevuto uno stipendio dal 1998 al 2002 come assistente parlamentare di suo marito, e in seguito, quando François è entrato nel governo, come collaboratrice, sulla carta, del suo sostituto al Parlamento, Marc Joulaud. Il problema, appunto, è che nei corridoi dell’Assemblea nazionale nessuno ha mai incrociato un’assistente parlamentare che si chiamava Penelope Fillon, che una collaboratrice di Joulaud interrogata dal Canard, Jeanne Robinson-Behre, ha assicurato di non aver mai lavorato con la moglie di Fillon, e che dunque possa trattarsi di una scomodissima vicenda di impieghi fittizi.

 

A questo si aggiungono i 100 mila euro che avrebbe percepito come dipendente della Revue des deux Mondes da maggio 2012 a dicembre 2013. Anche qui, M.me Fillon si sarebbe contraddistinta per il suo assenteismo. “Non ho mai incontrato Penelope Fillon e non l’ho mai vista in redazione”, ha dichiarato al Canard Michel Crépu, allora direttore del mensile. “Vorrei semplicemente dire che sono scandalizzato dal disprezzo e dalla misoginia di questo articolo”, ha dichiarato Fillon questa mattina, a margine di una trasferta a Bordeaux. “Non avrebbe il diritto di lavorare perché si tratta di mia moglie?”. I fillonisti sono accorsi rapidamente in aiuto del loro patron, cercando di delineare i contorni del posto di lavoro della discreta Penelope, sospettata di essere stata pagata per un impiego fittizio. “E’ competente? Sì lo è, è diplomata in giurisprudenza e in lettere”, ha dichiarato il senatore Lr Bruno Retailleau, prima di aggiungere: “Vorrei ricordare che è eletta nel Sarthe. Andate lì e chiedete se si vede o non si vede Penelope Fillon. Ovviamente, a Parigi si vede molto meno”.

 

Su France Inter, l’ex presidente dell’Assemblea nazionale, Bernard Accoyer, oggi sodale di Fillon, ha respinto le accuse del Canard. Ma contrariamente a Retailleau, ha assicurato che la moglie del candidato dei Républicains lavorava a Parigi. “L’ho vista partecipare spesso a questi lavori. L’ho vista in molteplici circostanze, e anche all’Assemblea nazionale”, ha detto Accoyer, precisando tuttavia di “non conoscere i dettagli del suo lavoro” perché “è una donna che lavora nell’ombra”. E di ombre ce ne sono parecchie in questo affaire che rischia di far molto male al favorito per l’Eliseo. Con tutti i problemi da risolvere all’interno del suo partito, le lotte di ego permanenti, Sarkozy e i sarkozisti che non accettano di essere trattati come dei giannizzeri, e le prime insistenti richieste di ministeri da parte di chi lo ha accompagnato fino alla vittoria delle primarie, di certo Fillon non si aspettava di dover gestire anche una brutta faccenda che riguarda sua moglie.

 

Silente, quasi invisibile, questa gallese di 61 anni non si era fatta troppi problemi a dire che non era adatta alla vita mediatica parigina, che i salotti del Tout-Paris non li avrebbe frequentati, perché era una “paysanne”, una contadina, orgogliosamente provinciale, che preferiva occuparsi dei figli. Nella sua scheda di eletta presso il Consiglio municipale di Solesmes (Sarthe), si legge semplicemente “femme au foyer”, casalinga. “Trentacinque anni fa non immaginavo che sarei diventata la moglie di un primo ministro francese. Ma per temperamento mi adatto”, aveva dichiarato al settimanale Paris Match. Ora però questa donna discreta che ha incontrato suo marito sui banchi dell’università nel 1976 dovrà certamente esserlo meno. Madrina delle “Femmes avec Fillon”, dovrà chiarire i contorni dell’affaire scoperchiato oggi in prima pagina dal perfido Canard, e prepararsi a una campagna che sarà piena di molti altri colpi bassi.

 

Chi dovrà dare spiegazioni in merito all’utilizzo dei fondi di Bercy, quando era al ministero dell’Economia, è anche Emmanuel Macron. Il leader di En Marche! e terzo uomo delle presidenziali, verso cui tutti i progressisti di Francia si stanno orientando, avrebbe utilizzato, secondo un libro-inchiesta pubblicato oggi, “Dans l’enfer de Bercy” (JC Lattès), una parte delle spese di rappresentanza del ministero per lanciare il suo movimento e preparare la sua campagna presidenziale. Christian Jacob e Philippe Vigier, rispettivamente capofila dei deputati Lr e Udi (centristi), hanno denunciato la “menzogna” e l’“impostura” di Macron, dato che ha sempre affermato di non aver utilizzato un solo centesimo pubblico per la creazione di En Marche!. Macron secondo le informazioni di Bfm.Tv, avrebbe minacciato di denunciare per diffamazione tutti gli eletti che rilanciano le accuse del libro. Ora, la campagna per le presidenziali francesi è entrata veramente nel vivo.

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