Il centro di detenzione di Guantanamo Bay a Cuba (foto LaPresse)

Guantanamo spiegato a Bonini

Redazione

Il “fallimento di Obama”e quello di chi non ha mai capito la guerra

Con l’aria di chi ha trovato la spiegazione, Carlo Bonini scrive su Repubblica che, quando il 20 gennaio Obama passerà la mano, il carcere speciale di Guantanamo, “il monumento allo stato d’eccezione” che si è fatto “vendetta, tortura e incubatore d’odio” avrà compiuto 15 anni. E che la sua mancata chiusura è stato il più grande fallimento del presidente dem, “non gliel’hanno mai perdonato”. Inutile cercare in Bonini la consapevolezza che, da 15 anni, una guerra al terrore è in corso, e che c’è chi la combatte. No, per lui Gitmo è per sempre “fantasmi in tuta arancione”, “animali da cortile nelle stie”. L’orrore. Volevamo provare a spiegarglielo noi, Guantanamo. Ma basterebbe che leggesse, sul suo giornale, il gran reportage di Alberto Flores d’Arcais del 2009, in cui il bravo giornalista raccontava che “le gabbie all’aria aperta” sono abbandonate, Camp X-Ray è chiuso dal 2002 e che a Camp 4 i detenuti “hanno i massimi benefici: venti ore d’aria al giorno, campi di pallavolo e calcetto, una stanza dove possono guardare la tv satellitare, la biblioteca, celle individuali, una vita in comune”. Insomma che mentre è proseguita e s’è fatta più aspra la guerra al terrore, è cambiata anche Guantanamo, senza aspettare i sogni irenisti di Obama. Perché la cosa che più di tutte Bonini dovrebbe comprendere – e se l’ha capita alla fine persino Obama, non dovrebbe essere impossibile – è che un carcere speciale, e uno status persino confusamente giuridico di “nemico”, se c’è una guerra asimmetrica, esistono. Non li ha inventati Bush, li ha creati la realtà della guerra. Bonini dice “enemy combatants” con l’aria di chi non riesca a comprendere che cosa siano. Quindici anni sprecati, anche per lui.

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