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I russi ora scoprono “l'opposizione moderata” in Siria e sfoggiano bandiere di Hezbollah

Daniele Raineri

Il lato della guerra. Per Putin l’“opposizione siriana fantasma” ora vale 50 mila uomini. Un reportage da Raqqa

Roma. Ieri è uscito un video di poco più di due minuti che mostra le forze speciali russe impegnate nella zona di Aleppo. Con la consueta libertà dei reparti d’élite, quei soldati sull’elmetto sfoggiano il Jolly Roger, la bandiera nera dei pirati con i teschi e le sciabole incrociate, e sulla manica la bandiera gialla di Hezbollah, il gruppo armato libanese alleato – come loro – del presidente siriano Bashar el Assad.

In tempi come questi, dove America e Russia si mandano messaggi incrociati di ostilità, può essere una presa in giro contro i soldati delle forze speciali americane che a maggio si sono fatti fotografare nella Siria del nord con il simbolo delle Ypg – stella rossa in campo verde – cucito sulla manica. Le Ypg sono le unità di protezione popolare dei curdi e sono affiliate al Pkk, il Partito curdo dei lavoratori che è sulla lista dei gruppi terroristi del governo americano. Il messaggio suona come: “Voi siete embedded con le Ypg e noi con Hezbollah, nessuno ha il diritto di farci la morale”. La presenza di russi e americani in Siria con truppe di terra, sebbene poche e di solito discrete, è anche il segno che per vincere le campagne militari non bastano i bombardamenti dall’alto, ed è uno dei motivi che fanno della Russia la più disponibile alla trattativa con il fronte nemico, i gruppi anti Assad. Il governo siriano e l’Iran riescono a gestire meglio – con più noncuranza – le perdite, il governo di Mosca non si può permettere di esporre troppo i suoi per conseguire risultati sul campo (uno dei più stimati strateghi militari russi, il colonnello Ruslan Galitsky, è morto all’inizio di dicembre in un bombardamento ad Aleppo).


Un frame del video. La bandiera di Hezbollah cucita sulla manica di un soldato russo


Questa linea possibilista dei negoziatori russi è lontana dalla retorica di Assad (che dice: “Riprenderemo ogni centimetro della Siria”) e produce risultati assieme con la Turchia. Dalla mezzanotte di ieri è in vigore una tregua agitata su quasi tutto il territorio siriano, da cui sono esclusi i gruppi terroristici come Jabhat al Nusra e lo Stato islamico. Come per incanto, molti altri gruppi armati che fino a mercoledì finivano nel gran minestrone del “tutti terroristi di al Qaida” ora appaiono su una lista pubblicata dal ministero della Difesa russo che li definisce “formazioni dell’opposizione moderata”. Tra questi ci sono anche fazioni salafite come Ahrar al Sham e Jaysh al Islam – che sono interessate alla lotta nazionale, non internazionale, e hanno un orientamento fortemente islamista (Ahrar non ha firmato la tregua, il Jaysh sì). All’inizio di ottobre 2015 il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, aveva detto che “l’opposizione moderata in Siria è un fantasma, nessuno sa dove sia e come operi”, ma la lista pubblicata adesso è piuttosto specifica e include sette gruppi per un totale di 51.500 uomini che combattono in tutto il paese.

  

Due giorni fa la giornalista Liz Sly del Washington Post ha pubblicato una corrispondenza importante dal fronte di Raqqa, dove le Forze siriane democratiche (sono citate sui media internazionali come Sdf) create dagli americani e detestate dai turchi presidiano l’assedio alla capitale siriana dello Stato islamico. Sly descrive una situazione stagnante, dove per il momento girano più pecore che combattenti. L’idea di una “capitolazione gemella” di Mosul e Raqqa grazie a due offensive simultanee che circolava due mesi fa sembra già un’ipotesi finita nel cestino delle buone intenzioni. Gli uomini impegnati sul campo prevedono che Raqqa non cadrà nei prossimi sei mesi e forse nemmeno entro un anno, ma il pezzo fornisce qualche numero chiarificatore sull’alleanza Sdf, che resta un oggetto misterioso per la difficoltà di ottenere informazioni sul posto. E’ formata da 45 mila curdi delle unità di protezione popolare (Ypg) e da 13 mila arabi, più seicento uomini delle forze speciali americane, embedded con lo scopo di addestrare altri diecimila combattenti arabi. Il punto è che fino a quando non ci saranno abbastanza arabi, le Sdf non possono cominciare perché altrimenti la loro offensiva sembrerebbe una campagna etnica a favore dei curdi. Ma se non si sbrigano, c’è il rischio che arrivino i turchi a interromperli, forti della nuova partnership con la Russia.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)