Donald Trump nella sua residenza di Mar-a-Lago a Palm Beach (foto LaPresse)

Perché va di moda rifiutarsi di cantare per Trump

Mariarosa Mancuso

Ora si porta molto il rifiuto non richiesto per esibirsi alla cerimonia d’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti. Qualcuno cederà?

Gli italiani lo fanno diverso, siamo la patria del nannimorettiano “mi si nota di più se vengo e rimango in un angolo, oppure non vengo del tutto?”. L’ultima versione del capriccio ha Andrea Bocelli protagonista. “Canterà alla Casa Bianca il 20 gennaio, durante l’insediamento di Donald Trump”. La notizia circolava qualche giorno fa, seguita dalla protesta dei fan su internet. Marcia indietro (e dietro la voce del musico cieco par di sentire un coro “non posso espormi, lo chiede il mio pubblico”). Immediata smentita da parte del Gran cerimoniere Tom Barrack: “Non lo abbiamo invitato. Si era offerto volontario, ‘per dare una mano’” (i Gran cerimonieri non si esprimono così, ma questo era il senso). Il forfait italico si aggiunge alle altre celebrità che dicono “no, grazie”. La maggior parte dopo aver ricevuto regolare richiesta di esibirsi. Ma è pur vero, date le circostanze – tra gli irriducibili, c’era chi sperava nel colpo di testa di qualche Grande elettore pronto a cambiare idea – che far sapere in giro “me l’hanno chiesto, ho rifiutato” qualche punto presso gli anti Trump lo fa guadagnare.

 

 

Al momento, viene data per sicura alla cerimonia di insediamento Jackie Evancho, mezzosoprano prodigio che a dieci anni si fece notare nel programma “America’s Got Talent” (ora ne ha 16). Le eterne Rockettes (sgambettanti dal 1925, ma qualche ragazza del gruppo ha fatto sapere di non condividere la scelta). Il “Mormon Tabernacle Choir” (“in missione canterina per conto di Dio”, verrebbe da dire facendo il verso a John Belushi nei “Blues Brothers”).

Barack Obama schierò Bono, Bruce Springsteen, Beyoncé, Aretha Franklin. Ma senza andare tra i fuoriclasse intrecciati con il pop, George W. Bush ebbe Ricky Martin, sempre più allettante del coro dei mormoni. Secondo Vulture, ha detto no a Donald Trump Elton John, ancora furioso perché il miliardario ha usato in campagna elettorale “Tiny Dancer”. Ha detto no Céline Dion, a cui ancora non perdoniamo “My Heart Will Go On” dal “Titanic”. Ha detto no Garth Brooks: una sorpresa, trattandosi di cantante country in camicia a scacchi o t-shirt e cappello texano incollato alla testa. Il genere dovrebbe essere congeniale agli elettori di Trump, che in campagna elettorale ha sparato via tweet sul musical “Hamilton”, sul “Saturday Night Live”, su Lena Dunham.

Alec Baldwin ha dato una svolta alla sua già brillantissima carriera impersonando Donald Trump al “Saturday Night Live” (identico, un perfetto “Screaming Carrot Demon”, secondo la comica e commentatrice politica Samantha Bee). Si offre volontario per la cerimonia di insediamento, ha già pronto il brano: “Highway To Hell” degli AC/DC. Donald Trump ribatte che nonostante lo schieramento hollywoodiano Hillary non ha vinto. E nel suo cuore maligno starà facendo anche qualche calcolo: chi ha votato per lui non guarda solo film di Clint Eastwood o ascolta solo il coro mormone: prima o poi qualche irriducibile della prima ora cederà.

Altarini e pentimenti verranno svelati il 20 gennaio. Nasce intanto un’altra forma di resistenza anti Trump. Ne dava notizia il Guardian, qualche giorno fa. Avete un parente o un amico che ha votato per il miliardario? Fate subito una donazione a Planned Parenthood, o al Sierra Club, o al Southern Poverty Law Center, o a qualsiasi altra associazione benefica invisa all’Amministrazione Trump. Fatelo a nome del congiunto o dell’amico che avreste voglia di strozzare. Poi portategli in dono la ricevuta. Natale è passato, ma per il vendicativo regalo si prestano bene anche i compleanni e gli onomastici.