Narendra Modi (foto LaPresse)

Un crimine per combattere il crimine? Il diktat di Modi brucia i contanti

L'iniziativa in nome della lotta all'economia illegale e sommersa. Ma la popolazione, colta di sorpresa, fatica ad adattarsi e aumentano proteste

Alberto Brambilla

Roma. La storica decisione del primo ministro Narendra Modi di sostituire nottetempo gran parte delle banconote in circolazione in India è ufficialmente motivata dalla lotta all’economia illegale e sommersa. Ma la popolazione, colta di sorpresa, fatica ad adattarsi e aumentano proteste e critiche sull’impatto benefico di una scelta radicale. La campagna di contrasto all’economia nera è cominciata a inizio anno con la richiesta ai commercianti di segnalare al fisco transazioni da 3 mila dollari e ha raggiunto l’apice la settimana scorsa con l’ordine coatto di bandire dal corso legale le banconote da 500 e da 1.000 rupie, i tagli più grandi (pari a 6,8 e 13,7 euro). La decisione è stata nascosta agli 1,2 miliardi di abitanti della “più grande democrazia del pianeta” fino all’annuncio dell’8 novembre di Modi, leader del partito nazionalista al potere dal 2014. La comunicazione brutale ha allarmato le famiglie nel pieno della stagione dei matrimoni e i commercianti in un paese in cui circa l’80 per cento delle transazioni per acquisto di beni avviene in contanti. Le banconote bandite potranno essere usate temporaneamente alle pompe di benzina e negli ospedali pubblici, ma devono essere sostituite entro fine anno.

 

Finora però, come riporta il Financial Times, il processo di sostituzione è una lenta agonia: gli sportelli automatici non sono fisicamente adatti a erogare banconote di dimensioni più piccole di quelle precedenti e questo comporta frustrazione – nelle manifestazioni a Calcutta sono state bruciate banconote da 500 rupie in segno di protesta. Il “falò” di contanti voluto da Modi non ha precedenti. Peraltro è inflitto a un’economia vivace che cresce al ritmo del 7 per cento – in una notte l’86 per cento del denaro in circolazione ha perso valore legale, pari a circa 220 miliardi di dollari. Solo nella fiacca Germania post bellica o nell’Unione sovietica si era sperimentata una demonetizzazione così repentina. “Nessun paese ha mai fatto questo genere di terapia choc. Navighiamo a vista”, ha detto Jahangir Aziz, analista di JP Morgan. Raghuram Rajan, ex governatore della Reserve Bank of India defenestrato da Modi, era scettico sulla demonetizzazione per contrastare il sommerso perché la ricchezza criminale è detenuta soprattutto in asset fisici e in oro. La sostituzione di Rajan con l’innocuo Urjit Patel aveva fatto felici i banchieri che erano preoccupati dall’intenzione dell’ex governatore di fare emergere i crediti marci degli istituti forzandoli a ripulire i bilanci e ad adeguarsi a standard di trasparenza stringenti. Le pratiche opache nell’erogazione dei prestiti, peggiorate dalla corruzione politica specialmente negli istituti pubblici, sono una grave piaga per l’economia indiana che avrebbe bisogno di banche gestite meglio. Modi, consigliato da oscuri personaggi come Anil Bokil dell’associazione ArthaKranti, più che debellare il malaffare sembra impegnato a “trasformare l’India in una società senza contanti”, come disse in un discorso alla nazione il 23 maggio scorso.

 

Il diktat dell’8 novembre è stato salutato con favore dagli operatori finanziari di transazioni e valute digitali TechProcess Payment Services, PayU India, EarlySalary.com, MobiKwik (partner delle americane Sequoia Capital, American Express, Cisco, e Tree Line Asia di Singapore). Paytm, società in perdita della cinese Alibaba, s’è congratulata con inserzioni sui giornali per la spinta governativa, auspicando che “metà della popolazione si libererà dei contanti fisici in due anni”. Intanto la povera gente senza smartphone o conto in banca si preoccupava di come pagare il cibo. La storia dei crimini monetari è lunga, il segretario del Tesoro americano Alexander Del Mar (1836-1926) ne ricostruì le origini. Nel XVII secolo, i 215 notabili della Compagnia delle Indie, tramando contro re Carlo II, depauperarono l’India del suo oro. Modi sembra aver imparato dalla corporazione di finanzieri. 

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.