Il generale libico Khalifa Haftar (foto LaPresse)

Haftar di nuovo a Mosca, ambisce pure lui a un'alleanza putiniana

Daniele Raineri

Che ci fa a Mosca il generale libico? Il piano russo su Bengasi e la fine di quello italiano con Serraji

Roma. Domenica e lunedì il generale libico Khalifa Haftar è stato in visita a Mosca per la seconda volta in un anno – e si tratta del tipo di incontri al massimo livello che di solito preludono a un intervento significativo della Russia. A Mosca Haftar ha incontrato di nuovo, come a giugno, il ministro della Difesa, il generale Sergei Shoigu, e il consigliere per la Sicurezza nazionale di Putin, Nikolai Patrushev, ma questa volta ha visto anche il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Lavrov, Shoigu, Patrushev e Bogdanov – soprattutto questi ultimi due – sono gli architetti della forte presenza russa nel mondo arabo e iraniano. In un contesto accidentato come la Libia, si sprecano i rumors sul motivo della visita di Haftar a Mosca. Si parla genericamente di aiuti russi per sbloccare l’embargo sulle armi che ancora impedisce ai paesi alleati di rifornire Haftar – è la versione più neutra e non spiega i viaggi fatti di persona – fino a un piano per creare una replica del modello siriano russo a Bengasi. Il piano italiano e americano per riunificare la Libia sotto l’egida di un governo Serraj sponsorizzato dall’Onu sembra a questo punto una storia lontana.

  



  

A questo secondo giro a Mosca Haftar ha incontrato di nuovo, come a giugno, il ministro della Difesa, il generale Sergei Shoigu, e il consigliere per la Sicurezza nazionale di Putin, Nikolai Patrushev, ma questa volta ha visto anche il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Lavrov, Shoigu, Patrushev e Bogdanov – soprattutto questi ultimi due – sono gli architetti della forte presenza russa nel mondo arabo e iraniano, che ormai si articola in forme diverse: si va dal salvataggio del presidente siriano Bashar el Assad, che stava crollando sotto il peso delle sconfitte militari nel 2015, fino alla luna di miele permanente con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, che per colpa dell’attrazione verso l’asse russo-siriano sta persino litigando con lo sponsor saudita – in un momento di traversie economiche che pure dovrebbero suggerirgli maggior cautela.

 

In un contesto accidentato come la Libia, si sprecano i rumors sul motivo della visita di Haftar a Mosca. Si parla genericamente di aiuti russi per sbloccare l’embargo sulle armi che ancora impedisce ai paesi alleati di rifornire Haftar – è la versione più neutra e non spiega i viaggi fatti di persona – fino a un piano per creare una replica del modello siriano russo a Bengasi. In questo caso, la Russia appoggerebbe il generale, molto più contro il governo di Tripoli che contro i terroristi, e in cambio avrebbe un’altra base sulla costa del Mediterraneo, dopo Tartous in Siria. Non male, per un uomo forte che ha due cittadinanze – è libico americano – e per anni ha lavorato per la Cia.

 

La Francia del presidente François Hollande ha tentato a più riprese di ingraziarsi il generale Haftar, ma nelle interviste lui è molto freddo sulla questione. Se nella primavera 2017 vincessero François Fillon o Marie Le Pen, che sostengono entrambi la politica putiniana, si realizzerebbe un’inedita concordanza Russia-Libia-Egitto-Francia. Il piano italiano e americano per riunificare la Libia sotto l’egida di un governo Serraj sponsorizzato dalle Nazioni Unite sembra a questo punto una storia lontana. Converrebbe che a Tripoli si preparassero al confronto con il generale appoggiato da Egitto e Russia.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)