Donald Trump (foto LaPresse)

Perché quello americano è un cambiamento epocale

Claudio Cerasa
Trump e la società dell’inconscio che in America si ritrova cosciente. La vittoria del repubblicano non si può spiegare con i singoli episodi di una campagna elettorale.

Al direttore - In democrazia può essere controproducente demonizzare o ridicolizzare i propri avversari. Su Trump e contro Trump, Obama e la Clinton avevano davvero esagerato. Alla fine questa loro aggressività si è rivelata controproducente. Tanto più che non pochi e non poco significativi erano stati gli insuccessi e gli errori politici del presidente e del proprio segretario di stato: dalla Turchia all’Iran, da Israele alla Libia. Son cose, evidentemente, che i giornaloni e la finanza possono facilmente dimenticare: non altrettanto gli elettori.
Luigi Compagna

 


 

Mi sembra un argomento riduttivo. Quello americano è un cambiamento epocale che non si può spiegare con i singoli episodi di una campagna elettorale. Mi convincono di più le argomentazioni che abbiamo riportato ieri sul Foglio di Shelby Steele, senior fellow alla Hoover Institution della Università di Stanford. “Nella vita americana la deferenza è stata codificata come politicamente corretto e il politicamente corretto funziona come un regime dispotico. E’ un’oppressione che espande i suoi editti sempre di più nelle radici della vita di tutti i giorni. Ne siamo afflitti, ma nella maggior parte dei casi tolleriamo le sue richieste. Trump è stato un candidato non deferente. E’ sembrato estraneo a ogni codice della decenza. Ha invocato ogni possibile stigmatizzazione e l’ha combattuta in maniera stridente. Ha fatto il lavoro sporco che milioni di americani volevano fare ma a cui mancava una piattaforma. Ma il carisma straordinario di Trump ha riguardato molto più ciò che rappresenta che ciò che potrebbe fare per davvero da presidente. Il suo ruolo è modificare la cultura della deferenza”. E’ come se ci fosse in America una società dell’inconscio, con Trump diventata improvvisamente cosciente.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.