Il premier canadese Justin Trudeau (foto LaPresse)

Persino l'intoccabile Trudeau luccica di meno quando è liberale in economia

Paola Peduzzi
Scontro tra Canada ed Europa sul trattato di libero scambio. La sinistra mette in discussione il suo mito glam

Milano. La popolarità di Justin Trudeau è “incredibile”, scrive il Washington Post, la luna di miele del premier canadese con il suo popolo e con il mondo “è ancora luminosa”, commenta la Bbc celebrandolo, come hanno fatto tutti i media internazionali che hanno festeggiato il primo anno al governo della star canadese, con le immagini in bianco e nero di una famiglia da sempre affascinante e le gallery dei selfie, compreso quello a torso nudo con un ragazzino riccioluto in un parco del Quebec.

 

Nell’immaginario collettivo, Trudeau è destinato a prendere il posto di Barack Obama (pur senza poter eguagliare la coolness del presidente americano), le foto con lui vanno a ruba, e lui si presta, benevolo, facendo yoga sui tavoli dei vertici internazionali, accogliendo rifugiati siriani presentandosi di persona all’aeroporto, ammiccando al pacifismo e all’ambientalismo e sorridendo indefesso a chiunque gli chieda attenzioni. E’ la sinistra glam, questa, che nessuno ce la tocchi, vogliamo le storie familiari in stile kennediano, le madri bellissime, le mogli devotissime, i padri “un po’ Marlon Brando e un po’ Napoleone” (il copyright è di Barbra Streisand), vogliamo provare nostalgia per Obama anche se è ancora alla Casa Bianca, vogliamo lasciarci affascinare dai tatuaggi sui bicipiti (Trudeau ne ha uno grosso e colorato) e dalle promesse di “sunny ways” ripetute nei giorni di pioggia.

 

Poi succede però che questa sinistra glam sia anche al governo e che debba sporcarsi le mani con le faccende pratiche della gestione del potere, delle alleanze, della geopolitica. Di Obama sappiamo già tutto: avendo preso un Nobel per Pace prima ancora di cominciare era facile immaginare che le attese sarebbero state disilluse (pur se si pensava un pochino meno). Con Trudeau siamo soltanto all’inizio, le crepe si iniziano a vedere, i commentatori canadesi già dicono: ti è andata bene per un anno ma non sarà sempre così. La storia del premier canadese è costellata di cortocircuiti politicamente corretti – è stato attaccato da sinistra perché è andato in una moschea in cui le donne non sono ammesse – e politicamente scorretti – è stato attaccato da destra per le sue politiche sull’indifferenziazione del gender – così come di piccoli scandaletti per le spese di alcuni ministri e di una grande polemica per le armi vendute all’Arabia saudita.

 

Ma come spesso accade in questi ultimi tempi, l’ombra più grande sulla tenuta della popolarità di Trudeau gliela getta la sinistra, in particolare la sinistra europea, che ha già perduto da parecchio molti slanci liberali (non tutta, non ovunque). Ora Trudeau brilla di meno perché sta facendo il duro sul trattato di libero scambio tra l’Unione europea e il Canada (Ceta), che dovrebbe essere formalizzato in questi giorni dopo otto anni di negoziati e invece continua a subire colpetti e rimandi, tanto che a Trudeau è passata la voglia di venire in Europa a fare selfie festanti con i colleghi. Libération, giornale della sinistra meno liberale ha sintetizzato perfettamente il contrasto tra la necessità di celebrare il leader canadese e allo stesso tempo di sottolineare che il suo liberismo non è affatto gradito.

 

“La ricetta Trudeau” è immortalata con il premier con cappello che lancia in alto un pancake e con l’elogio della politica “libéral sur le moeurs”, sui costumi, ma diventa invece “allarmante” quando questo liberalismo riguarda l’economia. I sindacati europei sono contrari alla firma del Ceta, gli stessi palloncini rossi a forma di Ttip che corredano le proteste contro l’accordo con gli Stati Uniti ora sono a forma di Ceta, i documenti interni al negoziato segnalano uno scetticismo crescente in molti paesi europei, mentre la Vallonia si è già dichiarata apertamente contraria. La sinistra in Germania, Austria e Belgio vuole il voto parlamentare e François Hollande fa l’improbabile mediatore tra liberali e antiliberali. Così, mentre il tocco magico di Trudeau piace fintanto che non si parla di libero scambio, il premier canadese smette i panni concilianti: l’Europa dimostri la sua utilità, ha detto. Trudeau ribadisce che il liberismo è di sinistra, ma molta sinistra per questo ora lo considera un po’ troppo bullo.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi