Aleksey Meshkov

Parla Aleksey Meshkov

Il viceministro degli Esteri russo ci spiega come si evita una fredda stagione con l'Ue

Marco Valerio Lo Prete
In occasione del quinto Forum Euroasiatico in corso a Verona, il Foglio ha chiesto al viceministro degli Esteri della Federazione russa, Aleksey Meshkov, cosa pensa di questa ennesima faglia tra Bruxelles e Mosca

Verona. L’Unione europea “sta considerando tutte le opzioni, comprese ulteriori misure restrittive contro individui ed entità che sostengono il regime siriano di Assad se le attuali atrocità continueranno”. E’ quanto si leggeva ieri, tra le altre cose, nella bozza delle conclusioni del vertice dei capi di governo europei riuniti a Bruxelles. La formulazione può sembrare vaga ma di fatto, come suggerito alla vigilia dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, l’Ue da oggi non esclude nuove sanzioni economiche nei confronti della Russia, intervenuta nel settembre 2015 a sostegno di Damasco. “Nuove” sanzioni perché si andrebbero ad aggiungere a quelle già imposte sulla scorta della crisi ucraina. In occasione del quinto Forum Euroasiatico in corso a Verona, il Foglio ha chiesto al viceministro degli Esteri della Federazione russa, Aleksey Meshkov, cosa pensa di questa ennesima faglia tra Bruxelles e Mosca: “Preferirò commentare quando ci saranno dei fatti compiuti”, esordisce con toni diplomatici il braccio destro di Sergei Lavrov. Che poi però aggiunge subito: “Non so cosa stia facendo l’Unione europea per la Siria”. Sottinteso: poco o nulla. “Lo scorso febbraio abbiamo avviato un coordinamento con gli Stati Uniti, ma Washington non ha rispettato le promesse. L’obiettivo rimane quello di separare i terroristi dell’Isis e di Jabhat al Nusra – e questi ultimi potranno cambiare nome quante volte vogliono, ma la loro sostanza non cambia – dal resto dell’opposizione ad Assad, in modo da poter avviare successivamente un processo politico di pacificazione”.

 

“Quelli che oggi criticano la Russia – continua il viceministro – non hanno mosso un dito per andare nella direzione concordata. Hanno preferito la guerra mediatica a quella reale”, dice Meshkov rivolto ai leader europei. La critica che arriva da Bruxelles è che c’è chi, però, in nome della lotta a Isis e affini, sta esagerando: “Le faccio un esempio – dice il ministro – Noi abbiamo avviato un’indagine interna a fine settembre sull’ormai famoso convoglio umanitario bombardato. Tuttavia, quando pochi giorni fa abbiamo comunicato al Belgio che due suoi aerei avevano causato vittime civili nei pressi di Aleppo, e ciò è stato registrato dai radar dei nostri sistemi missilistici S400 e S300 operativi su tutto il territorio siriano, abbiamo ricevuto soltanto risposte sdegnate e nessun approfondimento”.

 

E’ possibile che il sentimento di sfiducia dell’occidente sia rafforzato dal precedente della crisi ucraina che tarda a risolversi. Sul punto il ministro ribadisce la posizione espressa dal presidente Vladimir Putin al vertice di Berlino di mercoledì scorso: “Proprio perché riteniamo che sia soprattutto il governo ucraino a tardare l’implementazione degli accordi di Minsk, siamo favorevoli alla presenza di osservatori Osce nelle aree demilitarizzate che fanno da cuscinetto tra Kiev e le Repubbliche autonome nell’est del paese. Siamo favorevoli pure al fatto che gli osservatori portino con sé armi per la loro difesa”. Poi Meshkov tira fuori una tabella da una cartellina: “Vede, questo è l’ultimo rapporto dell’Osce sull’applicazione degli accordi di Minsk, è il monitoraggio della settimana che va dal 10 al 16 ottobre. Da cui si evince che sia per quel che riguarda la presenza di Forze armate nelle zone cuscinetto, sia per lo smantellamento dei depositi militari, è il governo ucraino a non rispettare i patti”.

 

Intanto però i rapporti con l’Ue sono sempre più tesi. Ieri l’ex presidente del Consiglio e della Commissione Ue, Romano Prodi, ha detto che “nei rapporti con la Russia assistiamo a un progressivo deterioramento che mi preoccupa, con tensioni verbali che richiamano alla Guerra fredda”. Meshkov, dopo averlo ascoltato, commenta così: “C’è un gruppo di paesi europei che inizia a capire che forse sta giocando e rischiando al posto di altri paesi che non hanno nulla da perdere. Il missile delle sanzioni doveva mettere Mosca in ginocchio, ma non ci è riuscito. Se è vero che gli scambi tra Russia e Stati Uniti non sono mai stati significativi, oggi invece gli scambi commerciali tra Ue e Russia sono scesi al livello del 2006, cioè abbiamo perso 200 miliardi di dollari”. Nella due giorni del Forum Euroasiatico, promosso sul fronte italiano dall’Associazione Conoscere Eurasia, proprio le voci dell’impresa – sia italiana sia russa – sono state quelle più presenti. Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, ha ricevuto il premio annuale dalle mani di Prodi e Antonio Fallico (presidente di Banca Intesa Russia), e ha esplicitato la sua volontà di continuare a esortare “il mio paese, a tutti i livelli, a considerare la Russia come un paese inscindibilmente legato all’Italia”. Secondo Meshkov, “troppe capitali occidentali stanno sacrificando l’interesse dell’economia, dei lavoratori e delle imprese sull’altare della politica”. Si riferisce alla Germania? “A dire il vero Berlino non mi pare unita nei toni anti russi. Nei nostri confronti ci sono espressioni importanti di solidarietà, non solo da parte del ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier”. Pensa al governo italiano, così vicino all’attuale Amministrazione americana e alla candidata democratica Hillary Clinton? “Sono stato per nove anni ambasciatore di Mosca in Italia. Conosco a fondo e non ho mai detto male dei legami storici tra i vostri due paesi. A me sta a cuore migliorare i rapporti tra Italia e Russia, perché in tutti i campi la cooperazione è meglio della concorrenza sleale”. Dal suo punto di vista, cos’è che l’occidente oggi non capisce della Russia? “La parola chiave è ‘ipocrisia’. Dovremmo tutti sederci attorno a un tavolo e dire con chiarezza ciò che vogliamo. Se un paese, da solo, vuole gestire i destini del mondo, lo dica apertamente. Noi diremo apertamente che preferiamo un mondo policentrico, in cui ciascuno possa difendere il proprio interesse nazionale che per quanto possibile va reso compatibile con quello degli altri”. Per la Russia, è meglio Trump o Clinton alla Casa Bianca? “Lavoreremo con qualsiasi presidente scelto dal popolo americano. E qualsiasi cosa dirò in più, potrà essere utilizzata contro di me”, sorride Meshkov mentre ci saluta.