Hillary Clinton (foto LaPresse)

La condanna all'invincibilità. Perché Hillary non può permettersi una malattia

Paola Peduzzi
La polmonite e il complotto. L’hashtag #HillarysBodyDouble va fortissimo: raccoglie le prove, per così dire, del fatto che la Clinton ha delle controfigure, in realtà lei non si fa mai vedere.

Hillary pensava di farcela quando domenica mattina è uscita di casa per andare alla commemorazione dell’11 settembre a New York, una polmonite curata in tempo passa in fretta, ho preso anche gli antibiotici, non posso che stare meglio. La storia, americana e non, è piena di esempi di leader politici che hanno tirato dritto, nonostante la malattia, nonostante le chiacchiere sul loro stato di salute, i pettegolezzi e le mezze verità: le dimostrazioni di debolezza sono vietate sempre, figurarsi se non lo sono per la prima candidata donna alla presidenza degli Stati Uniti, una sessantottenne che soffre di trombosi e che viene criticata per le rughe, per le occhiaie, per il pallore, perché è, appunto, una donna di sessantotto anni che osa ancora aspirare, con quell’età, con quel passato, alla Casa Bianca. Non è niente, ora mi passa, deve aver pensato Hillary, come fanno molte donne che minimizzano il dolore sempre, perché devono dimostrare di essere forti, più forti, di saper tenere tutto sotto controllo, il dolore e gli obiettivi e le malattie degli altri – e possono al limite prendere in giro quei mariti che se escono di casa con il raffreddore si sentono degli eroi.

 

Poi no, Hillary non ce l’ha fatta, ha avuto un mancamento, le guardie pronte l’hanno coperta, protetta, rimessa in auto, portata a casa della figlia Chelsea, l’hanno tenuta nascosta per il tempo necessario a rimetterla in piedi, un’ora e mezzo, mentre là fuori noi guardavamo e riguardavamo il video brevissimo e crudele del suo malore con il terrore negli occhi. E’ malata davvero? Non arriva a novembre? Come si sostituisce un candidato alle presidenziali? Vince Donald Trump a tavolino? Soprattutto: perché non ha detto niente? Hillary ha annullato alcuni appuntamenti elettorali di questa settimana, e i politologi americani si interrogano sulla bugia clintoniana, un’altra dicono, sulla sua ossessione per la segretezza che si tramuta in un istante in una menzogna, chiedono spiegazioni dal team della comunicazione della candidata democratica: cosa vi è venuto in mente, pensavate davvero di farla franca?, provano a fare previsioni sul futuro della campagna presidenziale, sulle ripercussioni di questo malanno – è la “september surprise” che cambia il corso già bizzarro di questa corsa?

 

Nell’altro emisfero politico, nel regno di Donald Trump, che è più anziano e meno trasparente sulle questioni mediche di Hillary, si studia il modo migliore per sfruttare il collasso fisico della rivale. Trump si sente piuttosto leggero: laddove lui non vuole spingersi, perché l’ordine di scuderia pare sia quello di non ripetere “l’avevo detto che quella era malata e bugiarda”, una cautela lunare visto il contesto, sono arrivati i complottisti che da tempo vanno dicendo che una vecchia debilitata come Hillary non può aspirare alla Casa Bianca. L’hashtag #HillarysBodyDouble va fortissimo: raccoglie le prove, per così dire, del fatto che Hillary ha delle controfigure, in realtà lei non si fa mai vedere, forse è già morta, forse non è mai esistita, sono le sue sosia che stanno facendo la campagna elettorale. La controfigura più celebre del momento è naturalmente quella uscita dalla casa di Chelsea domenica, dopo il silenzio stampa sul malore, quella che “stranamente” non aveva nessuno attorno a sé – e se ricollassa chi la raccoglie da terra? E i servizi dove sono finiti? – mentre sventolava la mano rivolta ai reporter e diceva di sentirsi benissimo, concedendo attenzioni e abbracci a una bambina alla quale avrà di certo attaccato la polmonite.

 

Se non è chiaro che ripercussioni avrà questo malanno sulle elezioni, è più chiaro perché Hillary non ha detto di avere la polmonite. E’ una donna abituata a gestire e inseguire il potere, l’asticella del suo dolore è lassù in alto, lo ripete spesso che è brava a curare gli altri e non se stessa, lo aveva appena scritto, Hillary, che non può muovere le braccia perché spaventa il pubblico e non può alzare la voce nei comizi perché sembra isterica, e se lo fanno Bill Clinton o Barack Obama invece sono appassionati e fighissimi. Non ho niente, poi passa: è l’abitudine culturale delle donne a trascurare molto di sé per inseguire tutto degli altri.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi