Le relazioni pericolose con la Corea del nord

Giulia Pompili
Mentre Renzi e la presidente sudcoreana al G20 discutevano della minaccia nucleare della Corea del Nord e Kim Jong-un sparava missili, due senatori italiani facevano diplomazia turistica borderline. Aggiungendo qualche gaffe in Mongolia
Durante l’ultimo G20 che si è tenuto in Cina, a Hangzhou, uno dei pochi vertici bilaterali del primo ministro Matteo Renzi è stato quello con la presidente sudcoreana Park Geun-hye. La stampa coreana ha dato molto risalto alla conversazione tra i due leader, avvenuta il 5 settembre scorso. Si legge su Korea.net: “I due leader si sono scambiati opinioni per migliorare i rapporti bilaterali e la cooperazione sulle questioni che coinvolgono la penisola coreana”. L’Italia, si legge nella nota, condivide le posizioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu riguardo i problemi legati alla Corea del nord e “la presidente Park ha esortato Roma a cooperare strettamente con Seul e a partecipare attivamente agli sforzi della comunità internazionale per bloccare le ambizioni di Pyongyang nello sviluppo di armi nucleari”. Oltre al business, quindi, oggetto della conversazione tra i due leader è stata la Corea del nord. Il motivo è che in questo periodo di particolare isolamento di Pyongyang, con le sanzioni sempre più dure della comunità internazionale e la serie di “defezioni” eccellenti cui è stato dato molto risalto dalla stampa, la macchina della propaganda nordcoreana è tornata ai suoi massimi livelli. Lo stesso giorno del bilaterale tra Renzi e la Park, la Corea del nord ha testato con successo tre missili balistici, nel tentativo di mostrare i muscoli di fronte ai grandi del mondo (il test, secondo l’agenzia di stampa nordcoreana, è stato portato a termine sotto la supervisione diretta del leader Kim Jong-un). Il 23 agosto scorso la Corea del nord aveva testato con successo un missile balistico lanciato da un sottomarino. Gli ultimi due test sono stati eseguiti senza un avviso preventivo, e i missili sono stati lanciati all’interno della zona di identificazione aerea nipponica nel Mar del Giappone – quindi, tecnicamente, in acque giapponesi. Tal Inbar, a capo della ricerca spaziale del Fisher Institute, ha scritto su NK News che il missile Rodong testato con successo da Pyongyang il 5 settembre scorso è del tutto simile a quello mostrato dall’Iran nel 2010, “il che suggerisce uno scambio di tecnologie tra i paesi”.

 

La questione nordcoreana continua a essere inspiegabilmente sottovalutata in occidente. Talmente sottovalutata che si presta facilmente a storpiature diplomatiche, a strumentali interpretazioni e a messaggi incoerenti. Il paese più isolato del mondo, guidato da un giovane e buffo leader, resta la terra di nessuno in cui stampa e politica sbagliano spesso, senza alcuna conseguenza immediata. Il presidente Barack Obama, durante il suo viaggio in Laos, ha condannato l’ennesimo test missilistico nordcoreano, il Consiglio di sicurezza dell’Onu in una nota ha fatto sapere di valutare altre “misure” sanzionatorie, il Giappone di Shinzo Abe ha domandato nuove misure per contrastare un pericolo definito “reale”. Eppure, mentre Matteo Renzi e Park Geun-hye s’incontravano in Cina e stabilivano la necessità di fermare la nuclearizzazione della penisola coreana, due senatori della Repubblica italiana, Antonio Razzi (Pdl) e Bartolomeo Pepe (ex M5s ora Gruppo misto) avevano appena lasciato il territorio nordcoreano.

 

Antonio Razzi frequenta la Corea del nord dal 2010. Ogni anno effettua un viaggio “a titolo personale”, ed è libero di farlo naturalmente, nonostante l’Italia non abbia formali rapporti diplomatici con la Corea del nord (a Roma esiste un’ambasciata nordcoreana, ma non esistono sedi diplomatiche italiane a Pyongyang). E qui, però, si fa tutto un po’ confuso, perché il limite tra “missione” e “viaggio a titolo personale”, per un parlamentare, fa la differenza. Sul sito del senatore Antonio Razzi si legge: “Partito ieri (26 agosto) per un viaggio in Corea del Nord e Mongolia a capo di una delegazione composta anche da colleghi parlamentari”. I “colleghi parlamentari” in realtà sono solo uno, Bartolomeo Pepe, che nel viaggio è stato accompagnato dalla famiglia. All’interno della delegazione, poi, una serie di imprenditori tra cui l'ex deputato Daniele Toto, imprenditore. I due senatori hanno effettuato la visita durante le ferie e dunque, secondo i funzionari del Senato, non è stato necessario comunicare preventivamente la loro destinazione. Sul sito di Razzi si legge che il viaggio a Pyongyang e Ulan Bator “conferma la volontà del senatore di lavorare in questo senso anche in periodo di vacanze”. Diverso l’annuncio della Kcna, l’agenzia di stampa ufficiale nordcoreana, secondo la quale quella di Razzi e Pepe (durata dal 27 agosto al 2 settembre) è stata una “delegazione di parlamentari di vari partiti italiani guidata da Antonio Razzi, segretario generale della Commissione degli Affari esteri del Senato italiano”. Secondo una fonte del ministero degli Esteri sudcoreano, che preferisce restare anonima, il problema dei viaggi “istituzionali” in Corea del nord, anche se a titolo personale, è proprio questo: Pyongyang si avvale dell’interpretazione ufficiale per usare strumentalmente le visite dei (pochissimi) parlamentari stranieri per la sua propaganda interna. Non solo.

 

Per invogliare visite di questo livello, i nordcoreani offrono spesso ospitalità ai dignitari che decidono di visitare la Corea del nord sotto lo stretto controllo dei funzionari. Una pratica impossibile da verificare, ma oggetto di molte controversie: il parlamentare indipendente giapponese ed ex wrestler Kanji Inoki è di casa a Pyongyang, è partito da poco per la Corea del nord e ha sottolineato più volte alla stampa in aeroporto di farlo per motivi “esclusivamente sportivi”. Ma nel settembre del 2002, quando l’allora primo ministro giapponese Junichiro Koizumi fece una storica visita a Pyongyang, pose solo una condizione alla sua delegazione: durante il viaggio di stato nessun banchetto ufficiale sarebbe stato offerto dai nordcoreani. Anche perché per ricambiare il favore succede spesso che i parlamentari stranieri si sentano in dovere di offrire dei doni a Kim Jong-un. E’ un’usanza tutta asiatica, ma tecnicamente oggetto perfino di sanzioni internazionali. In una conversazione con il Foglio poco prima della partenza, il senatore Bartolomeo Pepe ha detto di aver fatto fare per Kim Jong-un “una statua di pulcinella direttamente da San Gregorio Armeno”, lasciando intendere di aver fatto un dono non di modico valore. Il 31 agosto la Kcna scriveva: “Il Supremo Leader Kim Jong-un ha ricevuto un dono da parte della delegazione di parlamentari di vari partiti politici italiani in visita in Corea del nord”.

 

Concluso il viaggio in Corea del nord, la delegazione si è recata in Mongolia. L'ambasciatore di Ulan Bator in Italia, Shijeekhuu Odonbaatar, è stato nominato da pochi mesi e nel giugno scorso ha visitato l’Abruzzo in compagnia di Razzi. La Mongolia è uno dei paesi asiatici più ricchi di materie prime e con una crescita economica notevole. E, soprattutto, non è soggetta a sanzioni internazionali a differenza della Corea del nord. Dunque una delegazione parlamentare italiana a Ulan Bator è carica di opportunità per il nostro paese, di sicuro migliori rispetto a visite in luoghi al centro di controversie internazionali. Se non fosse che il senatore Bartolomeo Pepe, postando sulla sua pagina Facebook una fotografia della delegazione in Mongolia, ha voluto commentare pure le più vicine e ben note vicende dell’amministrazione romana. E alla domanda di un utente: “Non puoi chiedere se hanno bisogno di qualche sindaco da quelle parti ???”, ha risposto: “Mi dicono che a mongoloidi sono già coperti”. Come dire, la diplomazia al potere.

 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.