Abu Muhammad al Adnani, portavoce e capo della propaganda dell'Isis e al comando dell'Emni

Lupi non solitari. L'intelligence dell'Is che colpisce in Europa

Redazione
Cos’è “Emni”, il servizio segreto dello Stato islamico che opera nel Vecchio continente e che se c’è da colpire la Francia dice: “No problem”.

Roma. Rukmini Callimachi è una reporter del New York Times specializzata in terrorismo e autrice negli ultimi tempi di alcuni dei più importanti scoop riguardanti i network terroristici dello Stato islamico che operano e uccidono in Europa. Nel suo ultimo articolo, uscito ieri e intitolato “How a secretive branch of Isis built a global network of killers”, Callimachi usa interviste con ex combattenti dello Stato islamico – in particolare con Harry Sarfo, musulmano nato in Germania e fuggito dallo Stato islamico un anno fa per poi essere arrestato a Brema – e documenti riservati dei servizi di intelligence di diversi paesi europei per descrivere la natura e le operazioni di Emni, “servizio segreto” dello Stato islamico che si occupa della sicurezza interna ma soprattutto dell’espansione globale del terrorismo, scegliendo, addestrando e inviando in Europa combattenti pronti a commettere il martirio.

 

Il racconto mostra fino a che punto lo Stato islamico sia riuscito a infiltrare un network capillare e sfuggente in buona parte dei paesi d’Europa e non solo (sono citati Austria, Francia, Germania, Spagna, Libano, Tunisia, Bangladesh, Indonesia, Malesia). Soprattutto, mostra come, al contrario di quanto ritenuto dai media e dai servizi occidentali, i “lupi solitari” che hanno colpito l’Europa e gli Stati Uniti in questi mesi e fino alle scorse settimane, autoradicalizzati o “radicalizzati in fretta”, “squilibrati” e “malati di mente”, figli del disagio sociale, non sono affatto solitari: “Sarfo ha avanzato la possibilità che alcuni degli attentatori che di recente hanno colpito l’Europa e hanno giurato fedeltà allo Stato islamico durante i loro assalti possano avere un collegamento con il gruppo molto più diretto di quanto gli investigatori sembrino ritenere”, scrive Callimachi.


Harry Sarfo, musulmano di Brema che ha studiato a Londra e che oltre al tedesco parla un buon inglese, ha viaggiato in Libia dalla Germania all’inizio del 2015 convinto di combattere per la causa del Califfato, ma dopo pochi giorni dentro allo Stato islamico è stato avvicinato da alcuni uomini mascherati. Erano membri dell’Emni che gli hanno spiegato che, scrive Callimachi, “avevano una gran quantità di persone che vivevano nei paesi europei e aspettavano un ordine per attaccare i popoli europei. E questo era prima degli attacchi di Parigi e Bruxelles”. Gli uomini mascherati gli chiedono di tornare in Germania “perché è di questo che avevano bisogno”: “Dicevano sempre che volevano una gran quantità di attacchi contemporanei in Inghilterra, Germania e Francia”. Emni, spiega Callimachi, è “un servizio segreto su più livelli sotto il comando del più importante ufficiale siriano dello Stato islamico, portavoce e capo della propaganda, Abu Muhammad al Adnani. Sotto di lui ci sono alcuni sottufficiali (Callimachi cita in seguito il francese Abu Souleymane e il siriano Abu Ahmad, oltre che Abdelhamid Abaaoud, mente degli attacchi di Parigi, ndr) con il potere di pianificare attacchi in diverse regioni del mondo, compresi un “servizio segreto per gli affari europei”, un “servizio segreto per gli affari asiatici”, un “servizio segreto per gli affari arabi”. Il gruppo ha addestrato e inviato in Europa “centinaia” di combattenti (e altre centinaia in Turchia), che una volta qui usano dei “clean man”, neoconvertiti con la fedina penale pulita e fuori dai radar delle forze dell’ordine, per le comunicazioni e il rifornimento di armi per gli attacchi.

 

Sono questi “clean men” il link forse ancora sconosciuto alle autorità che collega i lupi non tanto solitari con il grande network dello Stato islamico, persone insospettabili che aiutano i volenterosi terroristi “interessati a compiere degli attacchi con operativi capaci di istruirli su tutto, da come costruire un giubbotto esplosivo a come dare credito allo Stato islamico per le loro violenze”. E’ in questo modo che lo Stato islamico tiene le fila del suo network terroristico facendoci credere che gli attacchi siano opera di pazzi solitari senza collegamenti l’uno con l’altro, quando in realtà fanno parte di un “portfolio globale di terroristi” che gli ufficiali islamisti si preoccupano in continuazione di ampliare. Quando Sarfo era in Siria, nel 2015, gli uomini di Emni cercavano combattenti pronti al martirio in Inghilterra e Germania, perché lì erano a corto di operativi. Quando però qualcuno chiede loro della Francia quelli si mettono a ridere “con le lacrime agli occhi” e dicono “Mafi mushkilah”, che vuol dire “no problem”. Era l’aprile del 2015, pochi mesi prima degli attacchi di Parigi.

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