L'America inizia la guerra all'Isis in Libia
L’esercito americano ha effettuato bombardamenti aerei sulla città conquistata di Sirte, roccaforte dello Stato islamico in Libia infliggendo “pesanti perdite” ai jihadisti lì asserragliati. Lo ha detto lunedì pomeriggio, durante un discorso trasmesso dalla televisione libica, il premier Fayez al Serraj, aggiungendo che i bombardamenti sono stati effettuati “su richiesta del Consiglio presidenziale del governo di concordia nazionale”.
Dagli Stati Uniti, anche il Pentagono ha confermato i bombardamenti, che sono i primi strike ufficiali dalla guerra libica che ha visto la destituzione del rais Muhammar Gheddafi. In un comunicato, il Pentagono ha fatto sapere che i bombardamenti sono stati richiesti dal governo di Tripoli e autorizzati dal presidente Barack Obama su raccomandazione del segretario della Difesa Ashton Carter e del capo di stato maggiore Joseph Dunford. Il portavoce del Pentagono, Peter Cook, ha detto che “altri bombardamenti continueranno a prendere di mira l'Isis a Sirte" per consentire al governo di unità libico di "compiere un'avanzata decisiva e strategica" sulla città ancora contesa dallo Stato islamico.
Contestualmente all’annuncio dei bombardamenti americani, al Serraj ha annunciato l’ingresso del governo libico nella Coalizione a guida statunitense contro lo Stato islamico, “alla luce del fatto che il nemico usa equipaggiamenti tecnologicamente avanzati”.
I bombardamenti americani a Sirte, iniziati già questa mattina, sono strike “di precisione” e avranno “una durata limitata”, ha aggiunto Serraj.
L'impegno americano si aggiunge a quello francese, dopo che il 20 luglio scorso la morte di tre sottufficiali francesi aveva fatto riconosce ufficialmente al governo di Parigi di essere impegnata militarmente in Libia.
A marzo Daniele Raineri aveva raccontato come nel paese nordafricano le operazioni militari fossero già iniziate, nonostante l'attendismo dell'Italia che attendeva una richiesta formale del governo libico per intervenire. "Quella in Libia – scriveva – per ora è una campagna a bassa intensità e mista, fazioni locali e militari occidentali assieme. Nulla a che vedere con il 2011, gli attacchi aerei a ondate e gli addestratori sul terreno, ma è in accelerazione progressiva".
La situazione nel paese era stata descritta, sempre da Daniele Raineri in un lungo reportage dal paese:
Un viaggio tra le vie di Sirte
Il linguaggio delle esplosioni, i camion della sera carichi di munizioni, la domanda delle milizie libiche che combattono lo Stato islamico: perché dobbiamo fare tutto da soli? [continua a leggere]
Qui potete trovare approfondimenti utili per capire dove e in che modo lo Stato islamico è radicato in Libia:
A Sirte crollano i simboli del breve regno dello Stato islamico in Libia
di Daniele Raineri
Cadono i luoghi simbolici dello Stato islamico nella metà ovest di Sirte. La spiaggia davanti all’hotel Maheri dove nel gennaio 2015 il gruppo estremista ha ucciso 21 ostaggi copti egiziani davanti a una telecamera e da dove un leader ha minacciato Roma. Il tunnel di scolo sotto il manto stradale dove nell’ottobre 2011 Gheddafi è stato stanato dai ribelli libici mentre cercava di fuggire – gli stessi ribelli di Misurata che oggi sono diventati “esercito del governo di Tripoli” e dicono che gli estremisti non sono altro che una reincarnazione dei gheddafiani. La rotonda dello Zafferano, uno dei due luoghi in città deputati alle esecuzioni – c’è un telaio di metallo che doveva reggere i tabelloni pubblicitari ed era usato invece per esporre i cadaveri. Tutti questi luoghi sono stati superati dall’avanzata delle forze di Misurata – guai a chiamarle milizie, avvertono – che nel giro di 35 giorni hanno prima perso terreno in casa propria, poi lo hanno riconquistato e infine hanno marciato su Sirte. [continua a leggere]
di Daniele Raineri
Il generale Haftar è un personaggio controverso: l’anno scorso è stato nominato capo dell’esercito dal governo di Tobruk, ma in realtà è lui a prendere le decisioni che contano e a fare i titoli dei media, sopra la testa di politici che in teoria gli stanno davanti nella catena di comando ma che nessuno conosce. E’ sempre lui a negoziare il processo di riconciliazione con l’altra metà della Libia, dove c’è il governo di Fayez al Serraj, sponsorizzato tra gli altri anche dall’Italia, oltre che dall’America e dalle Nazioni Unite. Questo processo di riconciliazione in Libia sta avanzando con lentezza disperante e anzi da cinque giorni è fermo del tutto perché Haftar sta facendo muro: ha dichiarato che non c’è possibilità di accordo con Serraj e ha richiamato i negoziatori da Tripoli. E Derna? Oggi la conquista della città sarebbe un passo verso l’indipendenza e la separazione definitiva della Cirenaica da Tripoli. [continua]
l'editoriale dell'elefantino
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tra debito e crescita