Le forze della polizia tedesca a Monaco (foto LaPresse)

Tutti i tabù tedeschi messi a nudo dall'attentato di Monaco

Redazione
Morti e feriti dopo una sparatoria in un centro commerciale. Lo spettro dell’Isis e quello della guerra civile

Roma. Morti, feriti, sparatoria in un centro commerciale, a Monaco, in Germania, e un gruppo di uomini, almeno tre secondo la polizia bavarese, che ha aperto il fuoco nel quartiere Moosach, zona residenziale vicina al luogo in cui si sono tenute le Olimpiadi del 1972. Venerdì sera non erano ancora chiari né il movente dell’attacco né il numero complessivo di vittime.

 

La polizia, alle 21, ha comunicato che i morti sarebbero “almeno sei”, mentre il numero dei feriti era ancora incerto. Gli ospedali della città sono stati allertati della possibilità di un “attacco di massa” e tutti i medici e gli infermieri sono stati richiamati in servizio. Secondo un portavoce della polizia, l’attacco è iniziato intorno alle 17:20 vicino a un fast food presso il centro commerciale. Il portavoce delle forze dell’ordine ha parlato di un “grave attacco terroristico” ma non ha fornito dati sull’identità degli attentatori, che dopo la prima sparatoria sono riusciti a fuggire. In serata si è sviluppata un’imponente azione di ricerca in tutta la città della Baviera, con l’intervento delle forze speciali antiterrorismo Gsg9 e le forze di sicurezza di tutto il Land. Per ore la polizia ha continuato a parlare di una “situazione incerta”, mentre continuavano a diffondersi nuovi report non confermati di altre sparatorie in diverse parti della città. Inizialmente, nel pomeriggio, sono stati bloccati anche tutti i mezzi di trasporto pubblico, poi è stata evacuata la stazione centrale della città, mentre sui media e sui social network le autorità chiedevano ai cittadini di rimanere nelle loro case e di restare al riparo. Il primo ministro della Baviera e leader della Csu, Horst Seehofer, ha convocato una riunione di emergenza del governo regionale in seguito alla sparatoria che ha fatto scattare l’allarme anti-terrorismo al massimo grado. In serata il magazine tedesco Focus ha riportato fonti della polizia secondo cui uno degli attentatori si sarebbe suicidato sparandosi alla testa. La polizia però non ha confermato nemmeno questa notizia. Berlino, subito dopo l’attacco al centro commerciale, ha subito istituito controlli alle frontiere verso l’Austria e la Repubblica Ceca. Quella seguita dalle autorità è una dinamica simile a quella vista all’opera in Francia dopo gli attentati al Bataclan e allo Stade de France lo scorso novembre. La matrice islamica dell’attentato, stavolta, non è però confermata. Gli analisti, all’inizio, non hanno potuto non pensare a quanto accaduto soltanto lunedì scorso, sempre in Baviera: in quel caso un rifugiato diciassettenne di origini afghane, affiliato allo Stato islamico, aveva attaccato a colpi di ascia cinque persone su un treno a Würzburg, per poi essere ucciso dalla polizia. Una delle vittime di quell’attentato è ancora in coma. Proprio venerdì, inoltre, la polizia criminale federale tedesca (Bka) aveva avvertito della minaccia di nuovi attacchi contro i passeggeri ferroviari dicendo vi è “un alto rischio di attacchi”. Mercoledì scorso anche il ministro dell’Interno Thomas de Maiziere ha detto che la situazione della sicurezza nel paese è molto grave e ha avvertito su possibili attacchi che potrebbero essere perpetrati da terroristi islamici, tra cui lupi solitari.  

 

Venerdì sera, però, non si escludeva nemmeno la pista interna. Sui social network veniva rilanciato infatti un intervento di un membro del governo norvegese che piangeva i morti tedeschi ricordando come, esattamente cinque anni fa, il 22 luglio 2011, il cittadino norvegese e suprematista Anders Behring Breivik avesse compiuto un attentato provocando la morte di 77 persone. Nemmeno questo è uno scenario rassicurante, considerato il numero crescente di osservatori che prospettano l’inizio di una “guerra civile” in Europa.

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