Istanbul, festeggiamenti in piazza Taksim dopo il fallimento del golpe (foto laPresse)

L'Ue sempre più in imbarazzo spera nella normalizzazione della Turchia

David Carretta
La strumentalizzazione del golpe da parte di Erdogan per perseguire il suo progetto di potere assoluto mette l’Europa di fronte a un profondo dilemma geostrategico

Bruxelles. La vendetta di Recep Tayyip Erdogan, le liste di epurazione pronte prima del tentato golpe, la deriva sempre più autoritaria del regime e l’improvviso corteggiamento di Vladimir Putin mettono l’Unione europea di fronte a un profondo dilemma geostrategico, nel momento in cui i 28 sono costretti a rivalutare le loro relazioni con la Turchia dopo il fallito colpo di stato di venerdì scorso. L’Ue non ha dubbi che il presidente turco stia strumentalizzando il golpe per perseguire il suo progetto di potere assoluto. Gli elenchi di militari, giudici e funzionari da arrestare o cacciare “erano pronti” prima del colpo di stato “e a un certo momento dovevano essere usati”, ha accusato il commissario all’Allargamento, Johannes Hahn. Per il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, è “difficile che un governo diventato volitivo non abbia liste di oppositori”.

 

Il timore inconfessato è che la Turchia si trasformi in un regime islamo-autoritario, anche se democraticamente eletto e popolare, con un’agenda opposta a quella occidentale. Ma, tra crisi dei rifugiati e conflitto in Siria, l’Ue ha pochi strumenti efficaci per fermare l’erdoganizzazione definitiva del paese. E’ stato “affossato un tentativo antidemocratico di prendere il potere contro un governante pronto a usare la democrazia per creare un regime autoritario”, spiega Mark Galeotti dell’Institute of International Relations di Praga. “Per un’Ue che cerca di arruolare Ankara come baluardo contro l’immigrazione e una Nato che dipende dalla Turchia per le sue attività in Siria, non c’è stato un esito positivo”. Secondo Galeotti, “la Turchia erdoganista diventerà un mal di testa sempre più forte” per l’occidente.

 

Dopo una colazione con il segretario di stato americano, John Kerry, i ministri degli Esteri dell’Ue hanno cercato di inviare un messaggio di unità occidentale di fronte all’accelerazione della deriva di Erdogan. “Chiediamo il più alto standard di rispetto per le istituzioni democratiche e lo stato di diritto”, ha detto Kerry. Un tentativo di putsch non può essere “una scusa”, ha avvertito ieri l’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, sottolineando che gli europei erano stati “i primi a dire che le istituzioni democratiche dovevano essere protette” in Turchia dopo che, nella notte tra venerdì e sabato, una fazione dell’esercito aveva inviato carri armati e soldati nelle strade di Istanbul, Ankara e altre località del paese per tentare di sloggiare il regime di Erdogan.

 



Belgio, incontro Kerry e Mogherini a Bruxelles


 

Mogherini ha spiegato che la linea rossa per l’Ue è la pena di morte. “Nessun paese può diventare stato membro se introduce la pena di morte”, ha detto l’Alto rappresentante. La stessa minaccia è arrivata dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel. Un ritorno alle esecuzioni capitali “determinerebbe la fine dei negoziati di adesione”, ha detto il suo portavoce. Ma per Berlino il golpe e i suoi seguiti non devono avere un impatto sull’accordo sui rifugiati, che ha permesso di azzerare o quasi gli arrivi di migranti sulle isole greche. “Riteniamo che le due cose siano distinte”, ha detto il portavoce di Merkel. La Commissione ha rifiutato di dire se considera ancora la Turchia “un paese sicuro” dove rispedire chiunque fa domanda di asilo. Con più di 2,5 milioni di siriani sul suo territorio, Erdogan ha la possibilità di rilanciare una crisi esistenziale per l’Ue.

 

Definendo “gravi” gli arresti e le vittime delle ultime ore, Mogherini ha evocato la possibilità di lanciare una “riflessione strategica” sulle relazioni con la Turchia. La fine dei negoziati di adesione non è più un tabù. Ma, per ora, l’Alto rappresentante vuole “facilitare un ritorno” alla normalità e alla democrazia. “Dobbiamo collaborare in una serie enorme di dossier”: migranti, terrorismo e Nato, ha detto Gentiloni. L’Ue è “il principale partner economico” ma con il golpe “si apre una partita geopolitica”, ha spiegato il ministro: “Altri soggetti su scala internazionale si stanno muovendo per far capire alla Turchia che ci sono altre relazioni possibili che si possono aprire”. La Russia di Putin è in prima fila, dopo l’avvio della normalizzazione delle scorse settimane. Israele e Turchia hanno confermato che la riconciliazione andrà avanti. In Siria, con Aleppo assediata, Bashar al Assad ha ancor più interesse a una pacificazione con Erdogan. “La Turchia è sempre più attiva nei Balcani” in concorrenza con l’Ue, spiega al Foglio una fonte comunitaria. Una reazione troppo dura potrebbe rivelarsi controproducente. Secondo Gentiloni, gli europei devono “essere fermi sui princìpi, ma neanche troppo ingenui”.